Perché la legionella si chiama legionella

Nota anche come Malattia del Legionario, non ha in realtà a che fare con il corpo speciale dell'Armée francese
Il batterio della Legionella
Il batterio della Legionella
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I sintomi sono simili a quelli dell’’influenza: dolori muscolari, brividi, mal di testa e febbre. Ma la causa è ben diversa. E purtroppo talvolta anche gli esiti. All'origine di tutto c'è un batterio, la Legionella Pneumophila. O meglio sarebbe dire una gamma di batteri, perché sono circa una cinquantina le varietà contemplate in letteratura medica.

Certo particolare è il nome e così il contesto che portò alla sua prima identificazione. Il nome con cui è nota, Malattia del legionario, spesso fa pensare ad una patologia tipica di chi ha polmoni sottoposti ad un particolare stress come quello che può derivare in ambienti estremi, quali i deserti in cui da tradizione opera il corpo dell'Armée francese cui per antonomasia si lega l'idea di legionario: la Legione straniera.

Nulla di tutto questo, anzi. Il batterio prolifera e si diffonde nell'acqua, annidandosi facilmente in bacini idrici, tanto naturali quanto artificiali. Insomma, dai fiumi alle piscine, passando per gli acquedotti. Il nome piuttosto va ricondotto alla sua prima identificazione scientifica, risalente al 1976. In quell'occasione a Philadelphia si tenne una riunione della American Legion, l'associazione di veterani statunitensi che raccoglie reduci di tutte le guerre. Dei circa 4.000 partecipanti, ben 221 contrassero un'infezione delle vie aeree e ben 34 di questi morirono.

Le indagini condotte dalle autorità sanitarie portarono ad isolare il batterio, cui per l'appunto fu dato nome Legionella Pneumophila. La fonte fu individuata nell'impianto dell'aria condizionata dell'albergo in cui risiedevano le vittime, il Bellevue Stratford Hotel.

Il batterio vive in acqua e sopravvive ad una temperatura compresa tra i 25 e i 55 °. Si trasmette attraverso il vapore acqueo e l'acqua nebulizzata, come nel caso dell'aerosol: la legionella si trova all'interno delle goccioline, come spiega anche l'Istituto superiore di Sanità. Cosa importante, la trasmissione non avviene da uomo a uomo.

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