Ponte sullo Stretto, Salvini e Meloni vanno avanti: «Si parte a febbraio»

Dalla denuncia di un «atto di invasione» con l'avvertimento che il governo «non si fermerà», alla presa d'atto che è necessario «attendere» le motivazioni per «replicare puntualmente a ciascun rilievo, utilizzando tutti gli strumenti previsti dall'ordinamento». Resta l'ira dell'esecutivo verso la Corte dei Conti che ha negato il visto di legittimità alla delibera del Cipess sul Ponte sullo Stretto, ma nel giro di quindici ore i toni sono cambiati. E pure la prospettiva dell'inizio dei lavori, slittata da novembre a febbraio, come ammesso da Matteo Salvini dopo il vertice di un'ora e mezza a Palazzo Chigi convocato d'urgenza da Giorgia Meloni, con anche Antonio Tajani in videocollegamento dal volo di Stato dal Senegal al Niger, i sottosegretari Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari, e l'ad della Stretto di Messina Pietro Ciucci.
Il nuovo atto del confronto fra governo e giudici contabili va in scena nelle ore in cui il Senato dà il via libera definitivo alla riforma della giustizia, a cui il centrodestra vuole affiancare quella della stessa Corte dei conti. Queste riforme «rappresentano la risposta più adeguata a una intollerabile invadenza, che non fermerà l'azione di Governo, sostenuta dal Parlamento», aveva messo nero su bianco la stessa Meloni nella dura reazione a caldo allo stop inflitto al progetto del Ponte. Il giorno dopo conferma al Tg1 di essere «incuriosita» da alcuni rilievi, assicurando che «il governo risponderà» e che l'obiettivo «è fare il Ponte sullo Stretto, un'opera strategica, un'opera ingegneristica che sarà unica al mondo».
Toni più morbidi
Il day after fa registrare dunque toni meno rigidi da tutto il governo, anche se il Guardasigilli Carlo Nordio rimarca la necessità di risolvere il «problema serio» della «attribuzione alla magistratura di compiti e censure tipiche della politica». «Non voglio pensare che qualcuno si vendichi contro siciliani e calabresi per una riforma approvata dal Parlamento», la linea di Salvini, che garantisce risposte a tutte le informazioni richieste dalla Corte dei conti «senza nessuno scontro fra poteri dello Stato».
Il vicepremier leghista di primo mattino riunisce al Mit «tecnici, manager e uffici», e dal confronto emergono i rischi di ricorsi che lo spingono, come ricostruiscono fonti di governo, a proporre a Meloni e Tajani di attendere le motivazioni prima di definire le mosse. Una linea attendista condivisa nel vertice di Palazzo Chigi (alternativa a quella di insistere tout court sulla delibera del Cipess), fermo restando «l'obiettivo, pienamente condiviso dall'intero Esecutivo, di procedere con la realizzazione dell'opera». Prima della riunione un paio di dichiarazioni non passano inosservate. Da FI Paolo Barelli invita a evitare «voli pindarici» legando la riforma della giustizia al Ponte: «La Corte dei conti ha fatto il suo lavoro». La seconda è del leghista Luca Zaia: «È già capitato e non sarà l'ultima volta che la Corte dei conti interviene nello spazio che gli è riconosciuto. Poi il governo risponderà. È fondamentale dire che si va avanti». Salvini si dice «assolutamente tranquillo e determinato: la maggioranza è compatta».
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