Draghi a Rimini: «L’Ue, marginale e spettatrice, deve cambiare»

La Redazione Web
«L’Europa è la migliore opportunità per un futuro di pace e sicurezza», ha detto l’ex premier durante il meeting, analizzando lo scetticismo e la situazione geopolitica ed economica mondiale
Mario Draghi al meeting di Rimini - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Mario Draghi al meeting di Rimini - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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«Per anni l’Ue ha creduto che la dimensione economica con 450 milioni di consumatori portasse con sé potere geopolitico e nelle relazioni commerciali. Quest’anno sarà ricordato come l’anno in cui questa illusione è evaporata. Abbiamo dovuto rassegnarci ai dazi Usa, siamo stati spinti dallo stesso alleato ad aumentare la spesa militare, decisione che forse avremmo dovuto prendere ma non in queste forme e modi. L’Ue ha avuto un ruolo marginale per i negoziati per la pace in Ucraina. L’Ue è stata spettatrice anche quando siti nucleari iraniani venivano bombardati e il massacro di Gaza si intensificava». Così Mario Draghi al 46° Meeting di Rimini, nel corso di un lungo intervento sull’orizzonte dell’Europa. L’ex premier, che nel suo ritorno alla kermesse è stato accolto da lunghissimi applausi in sala e negli stand della Fiera, ha parlato poi dello scetticismo nei confronti dell’Europa.

«Non è sorprendente che lo scetticismo nei confronti dell’Europa abbia raggiunto nuovi picchi. È importante chiedersi quale sia veramente l’oggetto di questo scetticismo, a mio avviso non è nei confronti dei valori su cui era stata fondata – ha osservato –, credo riguardi la capacità dell’Ue di difendere questi valori. In parte questo è comprensibile, i modelli di organizzazione emergono anche per risolvere problemi del loro tempo e, quando questi cambiano, questa deve cambiare. L’Ue fu creata perché nella prima metà del ventesimo secolo gli Stati-Nazione avevano in molti Paesi fallito nel compito di difendere questi valori, fu quasi naturale sviluppare una forma di difesa collettiva per la democrazia e la pace. È insostenibile argomentare che staremmo meglio senza di essa».

Geopolitica e sicurezza

Draghi, inoltre, ha parlato di un’Europa «poco attrezzata in un mondo dove geopolitica, sicurezza e stabilità dei fonti di approvvigionamento, più che non l’efficienza, ispirano le relazioni commerciali internazionali. La nostra organizzazione politica deve adattarsi alle esigenze del suo tempo quando sono esistenziali. Per difendere l’Ue dal crescente scetticismo non dobbiamo cercare di estrapolare le conquiste del passato nel futuro che ci accingiamo a vivere, quelle erano specifiche risposte rispetto alle sfide di quel tempo e dicono poco rispetto alle sfide di oggi. L’Europa deve trasformarsi da spettatore, o da comprimario, in attore protagonista – ha esortato –, deve mutare anche la sua organizzazione politica che è inseparabile dalla sua capacità di raggiungere i suoi obiettivi economici e strategici e le riforme in campo economico restano necessarie. Dopo quasi 80 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale la difesa della democrazia sembra essere data per scontata da generazioni che non hanno il ricordo di quel tempo, la loro convinta adesione alla costruzione dell’Europa dipende anche dalla sua capacità di offrire ai suoi cittadini prospettive per il futuro; quindi, anche dalla sua crescita economica che in Europa negli ultimi 30 anni è stata più bassa che nel resto del mondo".

Debiti

In passato «ho parlato di debito buono e debito cattivo – ha sottolineato –. Oggi però in alcuni settori il debito buono non è possibile a livello nazionale perché investimenti fatti in isolamento non possono aumentare la produttività. Solo forme di debito comune possono sostenere progetti europei di grande ampiezza che sforzi frammentati e insufficienti non riuscirebbero ad ampliare. Questo vale per la difesa, per l’energia, per le tecnologie dirompenti».

L’ex premier ha poi parlato a lungo di unità. Quello di oggi è «un mondo che non ci guarda con simpatia, non aspetta la lunghezza dei nostri riti comunitari per imporci la sua forza, pretende da parte nostra una discontinuità obiettivi tempi e modi di lavoro. La presenza dei leader alla Casa Bianca è stata una manifestazione di unità che vale, agli occhi dei cittadini europei, più di tante riunioni a Bruxelles. C’è stata una sveglia molto brutale che ci ha dato Trump – ha evidenziato –, le relazioni con gli Usa hanno cambiato tutto. La prima cosa da fare è: stringiamoci tutti insieme. Ma c’è una situazione politica, sociale e psicologica che fa sperare bene circa una diversa forma di organizzazione politica, bisogna imparare ad andare d’accordo. Rigidità e passività creano inazione, è un po’ quello che abbiamo visto negli ultimi 10-15 anni, l’inazione è il peggior nemico dell’Europa. Distruggere l’integrazione europea per tornare alla sovranità nazionale non farà altro che esporci ancora di più al volere delle grandi potenze. L’Europa è la migliore opportunità per un futuro di pace e sicurezza. E una democrazia, siete voi, siamo noi, sono gli europei che decidono le sue priorità".

Ricordo personale

Infine, un ricordo personale sul suo modo di essere europeista. «Non provengo da un ambiente culturale particolarmente europeo, scrissi la mia laurea sostenendo che la moneta unica era una gran sciocchezza. Negli anni successivi, quando ero negli Usa, guardavo l’Ue come un agglomerato burocratico e a me non appariva chiara la direzione verso cui andava. Quando sono tornato in Italia ho visto che alcune cose erano cambiate, erano cambiate le condizioni dei Paesi europei; quindi, forse valeva la pena dare la chance all’euro. Il mio è un europeismo molto pragmatico e diventato nella storia anche più politico, ma non parte dei grandi principi della visione europea, il mio europeismo è molto con i piedi per terra», ha concluso Draghi.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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