Passione Meteo

Il 20 gennaio 1974 ci fu un record di caldo, e quindi?

Torniamo sul tema della differenza fra tempo e clima, ignorata dai negazionisti del cambiamento climatico
Mompiano sotto la neve nei primi giorni di marzo del 2018
Mompiano sotto la neve nei primi giorni di marzo del 2018
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Pochi giorni fa abbiamo ricordato il record di caldo stabilito il 20 gennaio 1974: in quell’occasione i termometri di Ghedi raggiunsero i +15,0°C, ma a Brescia la colonnina di mercurio toccò i +23,5°C. Questo dato è stato sufficiente per suscitare l’indignazione di chi, nonostante l’evidenza dei dati, continua a mettere in dubbio il cambiamento climatico in atto da diversi decenni. Ma come? Un record di caldo stabilito cinquant'anni fa? Quindi faceva più caldo di oggi?

Forse è il caso di fare un po’ di chiarezza, tornando sul tema, fondamentale, della differenza fra tempo e clima. Sì, è vero, nel pomeriggio del 20 gennaio 1974 la stazione meteorologica dell’istituto Pastori stabilì un record di caldo. E quindi? Un singolo evento può davvero essere utilizzato per smentire una tendenza climatica in atto da decenni? Andiamo con ordine: cinquant'anni fa le temperature medie erano molto più basse di quelle odierne, ma potevano comunque capitare brevi parentesi di caldo anomalo. Ciò che conta non è il singolo episodio, ma ciò che accade in un lasso di tempo considerevole (basti pensare che, per poter parlare di clima, bisogna avere a disposizione almeno trent’anni di dati). Ovviamente vale anche il contrario: così come una giornata (calda o fredda) del 1974 non dimostra nulla, così anche una giornata (altrettanto calda o fredda) del 2024 non dimostra proprio niente. Ciò che rileva, quando si parla di clima, è la tendenza nel lungo periodo, così come la frequenza e l’intensità delle ondate di caldo e di freddo.

Anticipiamo già una possibile obiezione: se i singoli eventi non dimostrano nulla, perché ad ogni ondata di caldo anomalo si chiama in causa il cambiamento climatico? La risposta è semplice: il problema non è la singola ondata di caldo anomalo, ma la frequenza con cui le anomalie si ripetono. Se il caldo record di fine agosto fosse stato un’eccezione, non ci sarebbe stato alcun motivo di allarmarsi, e invece è stata l’ennesima tessera di un mosaico che, anno dopo anno, sta assumendo dimensioni sempre più preoccupanti.  

Un altro esempio: il 1° marzo 2018 la stazione meteorologica di Ghedi stabilì un record di freddo, ma ciò non servì minimamente a rallentare il cambiamento climatico in atto su scala globale, perché si trattò solo di un episodio isolato e per di più relativo ad una zona geografica ben definita e limitata. La realtà è sotto gli occhi tutti: negli ultimi anni le parentesi di caldo anomalo sono diventate molto più frequenti (ma capitavano anche in passato), mentre le parentesi di freddo anomalo sono diventate molto più rare (ma possono ancora capitare).

In conclusione: il tempo è ciò che osserviamo in un lasso di tempo limitato, mentre il clima richiede almeno un trentennio di dati. C’è una bella differenza, non trovate?

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