Latino e poesie a memoria: la «scuola del futuro» è un déjà-vu

In una recente intervista il ministro dell’Istruzione Valditara ha delineato in modo sommario le caratteristiche della scuola a partire dal 2026-’27, così come dovrebbero emergere dai nuovi Programmi in fase di elaborazione in un’apposita commissione. In realtà molte delle anticipazioni fornite dal ministro non sono novità, mentre altre sono allo stato attuale in una fase molto embrionale e forse questo ha ingenerato una certa confusione.
Molto clamore ha suscitato la possibilità di inserire il latino nel curricolo della scuola media a partire dalla classe seconda in forma opzionale. In realtà questa possibilità esiste dal 1999 (Regolamento dell’autonomia, DPR 275/1999) che prevede la possibilità per le scuole di ampliare l’offerta formativa o utilizzando il 20% del curricolo esistente per introdurre nuove discipline o inserendo tali discipline al di fuori del curricolo e in forma opzionale per gli studenti. Il ministro nulla dice su questi aspetti, se non richiamando una doverosa e però generica relazione tra la lingua italiana e quella latina. Se invece si pensa che attraverso una lingua morta si possa insegnare meglio l’italiano allora siamo decisamente fuori strada in quanto vi sono tante altre modalità per rendere incisivo l’insegnamento della lingua italiana attraverso l’italiano stesso, senza necessariamente introdurre in forma sistematica lo studio del latino, a meno che non si pensi a una sorta di infarinatura di latino.
Anche riguardo alla proposta di valorizzare lo studio a memoria delle poesie, non esistono, nella legislazione vigente, elementi ostativi a tale proposito: i docenti possono già utilizzare questo approccio senza attendere le determinazioni della commissione ministeriale. Appare invece quanto mai impropria l’espressione usata dal ministro di introdurre l’insegnamento della letteratura sin dalla prima elementare in quanto il ministro sembra confondere la lettura di testi (anche facendo riferimento «all’epica classica, mitologia greca e orientale e alle saghe nordiche») con lo studio della letteratura che è ben altra cosa.
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— Giuseppe Valditara (@G_Valditara) January 12, 2025
Anche l’enfasi posta sulla novità dell’insegnamento della musica («fra le tante novità, sin dalla prima elementare avvicineremo i bambini alla musica, alla sua comprensione, alla civiltà musicale») è palesemente scorretta e poco documentata in quanto basta dare solo una lettura all’indice della Indicazioni Nazionali per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo del 2012, tuttora vigenti, per «scoprire» che è prevista questa disciplina, come lo era nei precedenti Programmi.
Il richiamo alla necessità di dare maggiore spazio allo studio della grammatica può essere condiviso a patto che questo studio non venga caricato di significati extralinguistici, quasi morali, come sembra fare il ministro quando lega la grammatica allo studio della regola, fino ad affermare che «la cultura della regola inizia dallo studio della grammatica». In realtà il ministro confonde la regola come acquisizione cognitiva rispetto al funzionamento interno della lingua con la regola intesa come modello comportamentale verso se stessi e verso gli altri. Accettando questo parallelismo dovremmo dire che chi ha una buona conoscenza delle regole grammaticali è anche una persona proba e corretta verso gli altri, ma i fatti di cronaca dimostrano spesso il contrario.
Un po’ più complesso e scivoloso appare il problema dell’insegnamento della storia che, secondo il ministro, non va caricato di «sovrastrutture ideologiche», sebbene non sia dato sapere cosa intenda Valditara con questa locuzione. C’è però il fondato sospetto che lo stesso ministro, contraddicendosi, cada nella trappola di caricare la storia di «sovrastrutture ideologiche» quando afferma che va «privilegiata la storia d’Italia, dell’Europa, dell’Occidente», oppure che va «ridata centralità alla narrazione di quel che è accaduto nella nostra penisola dai tempi antichi fino ad oggi», o infine che negli ultimi due anni di scuola primaria «l'attenzione si concentrerà sui popoli italici, le origini e le vicende dell’antica Grecia e di Roma, le loro civiltà, i primi secoli del Cristianesimo».
Ribadiamo che un esame più completo e corretto dell’idea di scuola del futuro di Valditara potrà essere fatto quando ci saranno documenti ufficiali; in questa fase l’intervista del ministro può essere rubricata in quel fenomeno comunicativo studiato dallo psicoterapeuta americano Milton Erickson e denominato «insalata di parole».
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