Unione Europea-Turchia, un riavvicinamento d’interesse

Le appena scorse settimane, e anche questi ultimi giorni, hanno visto un risveglio dell’interesse dell’Europa per la Turchia, si tratti dell’Ue o di alcuni tra suoi Stati membri. Almeno tre i motivi del revival. Gli sviluppi in Siria, dove una nuova leadership, fortemente sostenuta da Ankara, sta prendendo in mano le sorti del Paese, dopo averlo «liberato» dalla dittatura degli Assad. La chiusura del gasdotto attraverso il quale, e fino al termine del 2024, il gas fluiva dall’Ucraina all’Europa, via Slovacchia. In terzo luogo, il lento affermarsi della consapevolezza di quanto sia necessario modernizzare la nostra (italiana ed europea) industria della difesa.
All’indomani della fuga di Bashar Assad, Ursula von der Leyen ha fatto visita al presidente turco. Questa volta Recep Erdogan una sedia per la presidente l’ha trovata. Anche perché nella sua borsa portava un ulteriore miliardo di euro per gestire i siriani in Turchia, sia per la sanità e l’istruzione di quanti desiderano restarvi sia per assistere chi ha deciso di tornare a casa. Il 20 gennaio è stato il premier slovacco Robert Fico ad accorrere al palazzo di Beştepe, in stretto stile ottomano, residenza ufficiale del presidente turco. A spingervelo il gas. O meglio, la sua mancanza. In effetti, Bratislava sta cercando vie alternative per assicurarsi il gas di cui ha bisogno dopo la sospensione dei flussi di gas russo attraverso l’Ucraina. Erdogan ha rassicurato Fico, userà il proprio credito diplomatico con Putin per assicurargli le forniture necessarie. Se non dovesse funzionare avrebbe pronto un piano B, forniture dirette dalla Turchia, ovviamente di gas ricevuto anche (ma non solo) dalla Russia, alla quale Ankara non applica sanzioni.

Quello del gas attraverso l’Ucraina è un problema slovacco sì, ma pure europeo. La Turchia si sta proponendo da tempo come un polo energetico regionale. Tali evoluzioni sono viste come l’occasione per divenirlo, contribuendo alla diversificazione dell’approvvigionamento energetico europeo. Ma resta il nodo della guerra. A ruota di Fico è arrivata ad Ankara Kaja Kallas, capo della politica estera Ue. L’Ue, sta cercando un ruolo nella Siria del dopo Assad. Con Hakan Fidan, suo omologo, ha discusso della Siria. «La strada per il futuro della Siria passa anche per la Turchia», ha dichiarato alla stampa. Con ciò riconoscendo, di fatto, il ruolo preminente, meglio sarebbe dire di arbitro, di Ankara nei destini del Paese. Sentendosi appunto arbitro, Erdogan si sta tanto premurando di accentuare la propria presa sul Paese. Tramite il proprio ministro degli Esteri, ha così lanciato un proclama alle numerose milizie siriane perché confluiscano nell’esercito nazionale siriano, in via di costituzione. Tutte, tranne ovviamente quelle dell’Ypg, ritenute il braccio siriano del Pkk, alle quali ha intimato la resa.
Sempre Kaja Kallas, e sempre in questi giorni, si è espressa in toni non equivoci sul tema della difesa: «Non ci dovrebbe essere alcun dubbio, in nessuno di noi, sul fatto che dobbiamo spendere di più per prevenire la guerra. Dobbiamo migliorare le nostre capacità». Le capacità si migliorano anche attraverso gli accordi di cooperazione, le sinergie tra imprese, sono raccomandazioni del Rapporto Draghi. In quest’ottica vanno così visti due sviluppi, anche questi degli ultimi giorni, della collaborazione industriale tra Italia e Turchia. L’acquisizione di Piaggio Aerospace da parte di Baykar, nonché gli accordi di cooperazione, con questa stessa impresa, di Leonardo, tredicesima impresa della difesa al mondo e seconda in Europa. La trattativa Leonardo-Bayrak dovrebbe portare a una joint-venture per le tecnologie dei droni. Il recente il rapporto dell’Europa con la Turchia non è stato facile, dominato dagli eventi post 7 ottobre. Il revival in atto ha, comunque, elementi positivi. Ma va coltivato con cura e attenzione, da ambo le parti.
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