Opinioni

Un posto per il baratto delle vite usate

Elisa e Fabiola si sono conosciute esplorando negozi dell’usato e da allora si danno appuntamento una volta al mese
La bancarella di un mercato dell'usato
La bancarella di un mercato dell'usato
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A Elisa piace indossare abiti usati. Ne è rimasta affascinata sin da piccola, quando la zia proponeva i vestiti dismessi dalla cuginetta più grande, elogiandone le buone stoffe, la conservazione e intercalando di continuo la premurosa domanda: «Non ti offendi, vero?».

Perché quando di vestiti se ne comprava forse uno a stagione, a offrirne uno già indossato pareva di essere sprezzanti. Adesso che invece gli abiti sono così tanti che il problema è il loro smaltimento, è diventato normale – forse di tendenza – andare all’usato. Ma torniamo a Elisa che, memore di maglioni e gonne della cugina, negli anni ha creato una mappa di negozi dell’usato imperdibili.

Un paio di anni fa, ne individua uno nuovo da esplorare. Arriva e trova le luci accese ma la porta chiusa. Gira attorno al capannone alla ricerca di un altro ingresso, ma non lo trova. Al secondo giro, intravede una figura scomparire dietro l’angolo.

Inizia una di quelle gag che potrebbero finire in una commedia: Elisa prova a tenere il passo, ma quella è sempre di un angolo più avanti. Alla fine, si mette a correre e raggiunge una signora di una certa età, che a sua volta cerca una porta. Ripercorrono insieme il perimetro, con la donna che la incalza: da dove viene? Perché è lì? Lei conosce altri negozi? Pare abbia una gran voglia di scambiare quattro chiacchiere. A Elisa, oltre agli abiti che hanno già una vita, piacciono anche le persone con una vita alle spalle. Si intendono al volo, nonostante le differenze: la signora preferisce l’oggettistica, perché ama il bricolage.

Siccome a entrare non si riesce, la signora le propone di andare a scoprire un altro punto vendita, a qualche chilometro. Elisa la segue in macchina. Attraversando un tratto di pianura, si rende conto che si è affidata a una sconosciuta di cui sa solo che si chiama Fabiola, è vecchia e smonta i lampadari. Ve la faccio breve: da allora le due si danno appuntamento una volta al mese per un caffè, un’occhiata agli scaffali e una montagna di confidenze. Stanno sviluppando un rapporto abbastanza simile all’amicizia o al rapporto nonna-nipote.

Non hanno mai usato il cellulare per vedersi: la parola data vale per quattro settimane intere e non ci sono stati contrattempi. Sono fortunate. Quante persone hanno una vita e non sanno a chi raccontarla? Bisognerebbe creare un punto per il baratto di esistenze usate.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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