Un centro forte per un’Italia divisa: chi lo interpreterà?

Il centro interpella ancora. La nota della scorsa settimana su attualità e destino del centro politico ha suscitato interlocuzioni, sia dall’interno degli addetti ai lavori, sia da quanti si collocano sugli spalti, in malinconica attesa delle ricorrenti tornate elettorali. Come accade di solito solo sulle riflessioni che riguardano il vissuto quotidiano di cui ci sentiamo parte in causa, con sentimenti di inquietudine.
Trasversale il giudizio che gli italiani non hanno voluto essere comunisti ma neppure tornare fascisti. Sarebbe così anche oggi. Ma il centro chi lo interpreta? Partono le distinzioni degli addetti. Chi ritiene che il centro possa trovare miglior casa nell’attuale coalizione di governo, altri che non possa che tornare a vivere nella galassia che forma le opposizioni. Quelli che puntano a creare un soggetto autonomo sono accompagnati dal sorriso bonario del giudizio di sognatori, oppure bollati come cercatori di posti personali, di prima fila politica o di enti collegati.
La politica estera di Meloni viene considerata in continuità con quella che ha segnato la Repubblica. Lei viene ritenuta una leader, condizione data per necessaria perché una formazione politica possa esistere ed aspirare a contare davvero. Una leader è una cosa diversa da chi vuole intestarsi un partitino in attesa di essere evocato. Meloni sarebbe una potenziale interprete di un nuovo centro, che marginalizza le pulsioni nostalgiche post fasciste, e in virtù di questo batte la sinistra. Secondo lo schema che la sinistra batte la destra, ma il centro sconfigge la sinistra.
Alla Lega di Salvini vengono attribuite poche carte da giocare: sua la responsabilità di averla marginalizzata, disperdendo la funzione di governo assunta nelle regioni del Nord e spostandola a destra. Forza Italia si richiama ancora, anche nel simbolo, a Berlusconi, invece di ammodernarne quella che fu la sua funzione di centro dello schieramento partitico, per assumerla nell’attuale contesto. A Lega e Forza Italia viene rimproverato di non avere un leader riconosciuto come tale all’esterno.
Le opposizioni? Schlein è accreditata del disegno perseguito di spostare l’asse del Pd a sinistra e di puntare a vincere etichettando Meloni non come portatrice di una destra moderna mediata dal centro, ma come pilota di nostalgie fasciste che troverebbero nel premierato la realizzazione istituzionale. Conte viene giudicato orfano del M5S delle origini. Verdi e Sinistra trincerati nelle loro diversità.
Il ritorno di un centro autonomo, centrale nello schieramento politico, viene dato per improbabile. Dovrebbe farsi largo tra gli attuali partiti ed essere riconosciuto da una parte significativa di quanti si sono rifugiati nell’astensione critica delle proposte in essere. Servono un progetto culturale e politico, di cui si parla ma che non c’è su nessuno dei versanti necessari, e una leadership forte, non per sommatoria di uomini del passato ma quale interprete riconosciuta del presente. Convinta che se la sinistra va a sinistra e la destra insegue la destra, lo spazio del centro diventa necessitato. Non potendo ritenerlo autosufficiente, dovrà porsi l’obbiettivo di smontare le coalizioni per trovarvi convergenze e alleanze necessarie.
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