Trump porta a Los Angeles la strategia della tensione

In California stanno assistendo attoniti a un altro passo verso l’abisso di una svolta autocratica, che potrebbe portare ulteriori violenze e resistenze
Agenti a Los Angeles - Foto Ansa/Epa/Caroline Brehman © www.giornaledibrescia.it
Agenti a Los Angeles - Foto Ansa/Epa/Caroline Brehman © www.giornaledibrescia.it
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Un altro esempio di una crisi democratica ormai sempre più palese. Un altro passo verso l’abisso di una svolta autocratica che difficilmente non provocherà violenze e resistenze. È quello a cui stiamo assistendo, attoniti, in California. I raid, le espulsioni e gli arresti arbitrari dell’Ice –l’Agenzia federale competente per l’immigrazione – hanno generato proteste e manifestazioni in una città come Los Angeles, dove circa metà della popolazione è ispanica e molti sono gli immigrati senza permesso, occupati spesso in servizi a bassa qualifica, dalla ristorazione alle pulizie.

Parte di quei 11/12 milioni di persone che risiedono irregolarmente negli Usa, contribuiscono in modo significativo alla loro economia, mandano i loro figli a scuola, pagano le tasse. Catturati in una disputa politica che da 15 anni a questa parte impedisce di trovare una soluzione ragionevole, e una regolarizzazione del loro status, come avvenuto più volte in passato.

Sono azioni mirate, quelle condotte dall’Ice. Per i metodi, caratterizzati da grande discrezionalità nell’individuazione delle persone da arrestare ed espellere, e senza che venga data loro la possibilità di contestare legalmente questi provvedimenti. E per i bersagli, in larga maggioranza concentrati in città e contee democratiche. L’obiettivo, ormai nemmeno dissimulato, è quello di alzare la soglia della tensione, provocando un aperto scontro politico e istituzionale con i governi municipali e statali controllati dagli avversari.

È ciò che sta facendo Trump a Los Angeles. Dove a proteste inizialmente contenute e gestite dalla Polizia locale risponde inviando – contro il parere delle autorità cittadine e statali – prima la guardia nazionale e poi addirittura un contingente di marines. E dove si offre una narrazione apocalittica della crisi, e dello stato della California, funzionale a confermare stereotipi, caricature e pregiudizi.

La guardia nazionale – struttura militare di riservisti dispiegati a livello statale – è stata «federalizzata» in passato. Ma quasi sempre su richiesta dei governatori degli Stati, come fu proprio a Los Angeles del 1992, durante i terribili disordini che provocarono 63 morti e più di un miliardo di danni. Nulla di comparabile alla situazione odierna.

E allora come si spiega questa risposta sproporzionata di Trump? Le risposte sono semplici. Vi è innanzitutto la volontà di colpire un attore – politico e istituzionale – nemico come il governo della California. Azione, questa, propedeutica ad alterare i termini di una dialettica federale che rimane uno dei principali ostacoli al disegno trumpiano di ridefinizione degli equilibri costituzionali e la radicale estensione dei poteri e delle prerogative della Presidenza. In secondo luogo, esasperando e in una certa misura «fabbricando» questa crisi, si porta lo scontro su un terreno favorevole al Presidente e ai repubblicani. Le cui politiche draconiane in materia d’immigrazione continuano a essere apprezzate da una maggioranza della popolazione.

La protesta a Los Angeles - Foto Ansa/Epa/Caroline Brehman © www.giornaledibrescia.it
La protesta a Los Angeles - Foto Ansa/Epa/Caroline Brehman © www.giornaledibrescia.it

E che ha solo da guadagnare da un’escalation in cui l’opposizione si fa più violenta, permettendo a Trump di fare leva su una retorica di «legge e ordine» sempre popolare e di sfruttare il consenso di cui godono le forze armate nel paese. Se la narrazione egemone diventa quella di uno scontro tra i patriottici soldati da un lato e manifestanti che sventolano bandiere messicane dall’altro, sappiamo fin troppo bene da che parte penderanno le simpatie dell’opinione pubblica.

Una parte della quale pare altresì convinta dall’altro elemento di questa narrazione della Destra: che Los Angeles e la California siano l’esempio di un degrado provocato principalmente dall’afflusso incontrollato di stranieri, di soggetti altri e diversi che, come ha detto Trump in campagna elettorale, «avvelenano il sangue dell’America». Di «animali», ha ripetuto in questi giorni il Presidente, che avrebbero invaso il paese, portandovi violenza, criminalità e inciviltà.

Poco importa che mille dati evidenzino come Los Angeles sia città molto più sicura di tante altre negli Usa; che gli omicidi pro-capite siano, in California, meno di un terzo di quelli in solidi bastioni repubblicani come l’Alabama e il Mississippi, o il 20-30% inferiori al Texas e alla Florida. Cifre e realtà che smentiscono le apocalissi trumpiane, ma che non scalfiscono verità alternative tossiche di cui da tempo si nutre il discorso e il progetto politico di Trump.

Mario Del Pero – Docente di Storia internazionale, Sciences Po Parigi

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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