Roma punta su Asmara, porta per il Corno d’Africa

Anche l’Eritrea sarà partner privilegiato del Piano Mattei. Anche se non tra i nove Paesi annunciati al momento della presentazione del Piano, è evidente che la visita di due delegazioni italiane ad Asmara, alla fine di giugno, una guidata dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, e una dalla senatrice Stefania Craxi, ha inteso riallacciare rapporti che non sono sempre stati idilliaci.
Su di essi pesa come un macigno il passato coloniale. E le élite politiche eritree non si sono lasciate mai sfuggire l’occasione per ricordare che il Bel Paese non può certo essere eretto a esempio. Mettendo così a tacere anche eventuali questioni potessero essere sollevate dall’Italia sul non rispetto dei diritti umani in Eritrea. D’altra parte, nonostante anche nell’ultimo Rapporto delle Nazioni Unite (2023) si parli di «torture, condizioni di detenzione inumane e sparizioni forzate», il regime nega tutto. Sono almeno dieci anni che l’Italia tenta il riavvicinamento al Paese del Corno d’Africa. Nel 2014 fu l’allora vice ministro degli Esteri Lapo Pistelli a recarvisi, per «testimoniare la volontà di rilanciare le relazioni bilaterali e provare a fornire un pieno reinserimento dell’Eritrea quale attore responsabile e fondamentale della comunità internazionale nelle dinamiche di stabilizzazione regionale». In realtà, nonostante le dichiarazioni, in questi dieci anni ben poco di concreto è stato fatto.
Ma mai come oggi l’Eritrea è diventata strategicamente importante. Visto il deterioramento della sicurezza nell’area del Mar Rosso, un avamposto in loco non può che essere ritenuto necessario. E l’interesse è ampio. Perché se è vero che il Piano è un’iniziativa italiana, è anche vero che Unione Europea e Stati Uniti non potranno non essere coinvolti.
Non va, poi, dimenticata la presenza di risorse naturali, quali potassio, oro, gas naturale, petrolio. Non a caso Urso si è fatto accompagnare da rappresentanti di Fincantieri, Enel, Bonifiche Ferraresi, Ferrovie dello Stato, e Telemedicina dell’ospedale Gemelli. «Io credo che, siccome con l’isolamento dell’Eritrea durato ben sedici anni, non si è riusciti a ottenere nulla, una delle idee che sottende a questi progetti di cooperazione sia che forse reintegrandola nel consesso internazionale, il presidente possa ammorbidirsi - spiega l’eritreo don Mussie Zerai, impegnato con la sua associazione Habeshia a salvare vite umane nel Mediterraneo, e per questo inviso al regime -. Ma io non penso proprio possa succedere. Afwerki, che aveva lottato per l’indipendenza dall’Etiopia, diventato presidente ha dato al Paese una svolta dittatoriale, facendo lettera morta della Costituzione e imprigionando i suoi stessi compagni di lotta che volevano portare avanti istanze democratiche. Un liberatore che si è trasformato in despota tradendo le speranze del popolo. Il sogno degli eritrei era di vivere finalmente in un Paese indipendente, libero, democratico, multipartitico e multireligioso, con la possibilità di esprimere il proprio pensiero, le proprie opinioni politiche, e con libertà di movimento. Invece sono cascati dalla padella nella brace».
Ma anche quello di pace è un sogno infranto. Perché nel 1998 il fronte con l’Etiopia si è riaperto per questioni di confini. «Molti sono rimasti abbagliati dall’Accordo di Algeri che a dicembre 2000 ha decretato il cessate il fuoco - riprende Mussie -. Ma, nonostante la Commissione delle Nazioni Unite abbia demarcato il confine, quella demarcazione non è mai stata applicata, anche se molti Paesi, tra cui l’Italia, se ne erano fatti garanti. L’Etiopia non ha mai consegnato i territori, così l’Eritrea, approfittando della guerra del Tigray, se li è ripresi. Le generazioni sono passate da un regime all’altro, da una guerra all’altra. A quanti eritrei è stato rubato il futuro?».
In apparenza per difesa, nella realtà per consolidare il proprio potere, il presidente utilizza la gran parte delle risorse economiche per incrementare il settore bellico. Così la popolazione vive per lo più delle rimesse della diaspora. Inoltre, dalla fine della guerra con l’Etiopia, il servizio militare obbligatorio, che sulla carta è di 18 mesi, in realtà dura a tempo indeterminato, e riguarda tutti, uomini e donne, dai 18 ai quarant’anni. Non essendoci un modo legale per uscire dal Paese, negli anni migliaia e migliaia di giovani sono scappati, con tutti i rischi connessi.
«Credo che da parte italiana il Piano Mattei realizzi anche il desiderio di voler tenere aperta una finestra con i Paesi con i quali ha un legame storico, anche se non molto felice - conclude Mussie -. Da parte eritrea, il fatto di riprendere le relazioni bilaterali con l’Italia è anche parte di un progetto di make up. Così come lo sport: i successi soprattutto nel ciclismo vengono utilizzati come immagine positiva. E questo sta inebriando anche la popolazione interna, che si aggrappa a qualsiasi cosa possa sembrare un cambiamento. Se questo Piano intende essere una sorta di risarcimento dell’Italia verso l’Eritrea, ben venga. Bisognerà vedere però se è davvero pensato per creare sviluppo, o se l’intendimento è di accaparrarsi le ricchezze del territorio o sfruttare manodopera a basso costo.
Già il governo Berlusconi parlava di investire in Eritrea, ma è saltato tutto. I titoloni non bastano, c’è bisogno di contenuto. Io un suggerimento l’avrei. L’applicazione delle leggi razziali in Eritrea ha fatto sì che i figli di coppie miste - madri eritree e padri italiani - non siano potuti essere riconosciuti dai padri. Ci sono 400 famiglie i cui discendenti stanno ancora aspettando di ottenere il riconoscimento paterno e di avere così la cittadinanza italiana. Scalfaro, Fini, Tremaglia. Tutti hanno promesso. Nessuno ha fatto nulla. Così molti di questi sono arrivati in Italia sui barconi invece che con l’aereo. Credo che il Piano Mattei, per dimostrare la propria concretezza, dovrebbe risolvere questo irrisolto».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
@News in 5 minuti
A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.
