Per la Polonia, democrazia al bivio del riconteggio

La vittoria del presidente Karol Nawrocki nei confronti di Rafal Trzaskowski è stata di un soffio, con una differenza si 369mila voti su un totale di 20,84 milioni
L'attesa di un popolo - © www.giornaledibrescia.it
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La vittoria di Karol Nawrocki nei confronti di Rafal Trzaskowski nel ballottaggio presidenziale polacco del 1° giugno, è stata di un soffio. Una differenza di 369 mila voti su un totale 20,84 milioni, in percentuale l’1,8. Dai giorni successivi i media hanno cominciato a denunciare irregolarità nello scrutinio, per via della segnalazione di errori, con l’attribuzione dei voti a favore di Trzaskowski a Nawrocki, e viceversa. Il movimento «Silni Razem» (Forti Insieme), vicino al premier Donald Tusk, si è dato da fare nel diffondere accuse di brogli elettorali. Forza dei media e del Movimento, la Corte Suprema ha ordinato il riconteggio. Nel giro di qualche giorno ha annunciato il riscontro di irregolarità in nove commissioni elettorali su dieci.

In totale queste sono oltre 32 mila. Se si dovessero mantenere le proporzioni…La Corte ha poi fissato una seduta pubblica il 1° luglio, per adottare la risoluzione sulla validità del processo elettorale. Nel frattempo, Nawrocki, il presidente eletto, si è così espresso: «Chiedo pace, calma, se qualcuno volesse distruggere la democrazia polacca e toglierci la vittoria, sarete i primi a vedermi protestare contro tale teppismo». Una frase piuttosto inquietante. Perché una democrazia si regge su elezioni corrette, sono i brogli a distruggerla, alterando la volontà popolare. Fa trapelare una sorta di coda di paglia quando parla di «toglierci la vittoria», come fosse sicuro di un riconteggio sfavorevole. In terzo luogo, il riconteggio non è «teppismo», è fatto per assicurare l’onestà dello scrutinio.

La vittoria, sempreché tale sarà, di Nawrocki è stata un duro colpo per Tusk e la sua coalizione quadripartita. Tuttavia, ha retto. Il governo ha, infatti, superato agevolmente il voto di fiducia, richiesto dal Premier, ottenendo una chiara maggioranza o, meglio, la maggioranza corrispondente al numero dei parlamentari della coalizione. Nessun abbandono, almeno per ora. Il suo mandato, a seguito delle elezioni politiche dello scorso anno, è stato così riconfermato con 243 voti a fronte di 210 contrari. Nel discorso al Parlamento Tusk ha sottolineato la difficoltà del momento: «Ci attendono sfide più grandi del previsto, due anni e mezzo di lavoro estremamente duro, mentre le condizioni politiche non miglioreranno. Il presidente, nella migliore delle ipotesi, sarà poco incline al cambiamento, come quello uscente».

Ha inoltre rivendicato i buoni risultati economici: «La crescita sta accelerando a oltre il 3 per cento nel 2025 finora, rispetto a solo lo 0,2% nel 2023, ultimo anno del governo del PiS». La Polonia è la sesta economia nell’Ue, ma è anche la più dinamica. Il voto di fiducia a Tusk ha fatto tirare il fiato anche a Bruxelles, dove l’affermazione di un nazionalista, ancor più convinto di quanto non lo sia il presidente uscente Andrzej Duda (il passaggio dei poteri è previsto per il 6 agosto), ha creato malumori e preoccupazioni. Quantunque Tusk sempre prenderà parte alle riunioni del Consiglio europeo, sarà di fatto la classica anatra zoppa, perché il veto presidenziale potrà bloccare sia le riforme interne, parte dell’agenda governativa, ma pure sollecitate dall’Ue (aborto, questioni di genere, indipendenza della magistratura, rafforzamento dello Stato di diritto), sia quelle di politica estera.

Su questo terreno vi sono sì convergenze tra i due schieramenti, quali l’Ucraina e il 5 per cento del Pil dedicato alle spese per la difesa, ma è sull’atlantismo dove vi è scontro. O meglio, sull’atlantismo in salsa trumpiana. Nawrocki, è afflitto da un forte parzialità nei riguardi del Donald d’oltre Atlantico, mentre tutto il contrario succede al Donald polacco, allineato con i soci nell’Ue nell’instaurare un rapporto fermo con Washington. Anche sull’industria europea della difesa le posizioni divergono. La Polonia pencola tra europeismo sovranismo, intanto il riconteggio prosegue.

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