Per Harris e Trump ricette a confronto

Kamala o Donald? Alcuni sondaggi negli Stati Uniti cominciano a mettere la vice-presidente Harris – che sarà ufficialmente designata alla convention del Partito Democratico in corso a Chicago quale candidata alle elezioni di novembre per la Presidenza – davanti al «tycoon» Trump. Peraltro l’esito delle elezioni pare tuttora molto incerto. Pur essendo molti i fattori in gioco, le scelte degli elettori saranno anche influenzate dallo stato dell’economia.
Il vento ha cominciato a cambiare direzione (influenzando subito, come sempre avviene in questi casi, anche le borse mondiali) qualche giorno fa, quando è stato reso noto il dato dell’inflazione Usa, sceso per la prima volta a luglio sotto il 3% (dopo tre anni). Ciò dovrebbe consentire alla Fed, la banca centrale americana, un primo taglio dei tassi, fermi al 5,25% da oltre un anno. Sull’entità del possibile taglio a settembre – un quarto di punto piuttosto che mezzo punto percentuale – le opinioni divergono (qualche indicazione potrà forse venire dal tradizionale meeting della Fed di agosto, che si terrà settimana prossima a Jackson Hole). I repubblicani, in passato favorevoli al taglio dei tassi, hanno messo in guardia Powell, il capo della Fed, che un taglio sarebbe un indebito favore ai democratici…
Se all’inizio del mese le borse mondiali erano crollate (oltre che per il rialzo dei tassi da parte della banca centrale giapponese ed altri fattori) soprattutto a causa di dubbi sulla solidità dell’economia reale americana – in particolare per il deludente rapporto sui posti di lavoro – il vento è ora cambiato.
Non solo per il dato sull’inflazione, ma anche per nuovi dati positivi sulle vendite al dettaglio, in parte smentendo l’accusa precedente di uno stallo dei consumi. Inoltre, se pur è vero che a luglio il tasso di disoccupazione era lievemente risalito (da 1,9% a 2,1%), in un confronto internazionale resta bassissimo. Ricordiamo che sotto l’amministrazione Biden molti posti di lavoro furono creati nel primo biennio del suo mandato. Infatti la crescita reale dell’economia, che era stata abbastanza buona con Trump (escluso ovviamente l’anno della pandemia), si è ulteriormente rafforzata con Biden.
Anche grazie alle forti spese pubbliche espansive adottate nella prima parte della sua amministrazione, con le leggi quali: Infrastructure Investment and Jobs Act (IIJA), Inflation Reduction Act (IRA), Chips and Science Act, ed altre.
Per un confronto previsivo a livello internazionale possiamo riferirci all’aggiornamento di luglio delle stime del Fondo monetario internazionale. Ebbene l’economia Usa dovrebbe mantenere quest’anno l’elevata crescita dell’anno scorso (anzi da 2,5% annuo dovrebbe salire a 2,6%), con un lieve calo previsto solo per l’anno prossimo (1,9%). A confronto, anche il Pil dell’area euro dovrebbe accelerare, ma su valori nettamente più bassi di quelli Usa (passando dallo 0,5% dell’anno scorso a 0,9% quest’anno) con un ulteriore rafforzamento solo nel 2025 (a 1,5%). La deludente crescita dipende in parte dalla cattiva performance del paese leader, la Germania (-0,2% l’anno scorso e +0,2% quest’anno), mentre nell’intero triennio l’Italia starebbe poco sotto l’1% di crescita.
Anche nell’Eurozona sarà importante capire come si muoverà la banca centrale a settembre, dopo la prima riduzione dei tassi di giugno e la stasi di luglio. Sarebbe forse opportuna la continuazione del cammino discendente, anche perché la politica di bilancio nell’UE è molto limitata (diversamente da quella Usa); pur tenuto conto di questi limiti, il programma economico di Ursula von der Leyen per il prossimo quinquennio presenta luci ed ombre (come feci osservare in un articolo a luglio su questo Giornale).
Per concludere, può essere interessante rispostare l’attenzione sui programmi elettorali al di là dell’Atlantico. Se da parte repubblicana non vi sono molte novità, se non la conferma di una forte politica protezionistica (con dazi sulle importazioni da tutti i paesi, compresa l’Europa), al contrario cominciano ad emergere indicazioni sul programma della Harris.
Che porrà particolare attenzione al ceto medio («bianco» si potrebbe aggiungere, coerentemente con la nomina di Tim Walz quale candidato per la vice-presidenza, per sfidare Trump in una fascia critica di elettorato), per cui sono previsti provvedimenti quali: sgravi fiscali (soprattutto crediti d’imposta a famiglie con neonati) e la costruzione di 3 milioni di nuove case (anche per frenare il rialzo degli affitti). A favore di tutta la popolazione è inoltre prevista una dura lotta ai rincari alimentari e dei farmaci (anche se divieti federali in questo campo, già tentati in passato, mal si conciliano con un’economia di mercato come quella Usa). Basterà tutto questo per vincere a novembre? Certamente no, anche perché da mesi gli osservatori evidenziano una discrepanza tra dati economici reali e percezioni dei cittadini (come ad esempio risultano dai sondaggi su questioni economiche). Comunque, la situazione – economica e politica – è in movimento.
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