Opinioni

Tra le parate russe e il giusto tributo ai 75 anni della Ceca

Monica Frassoni
La Russia di Putin ha ricordato il Giorno della Vittoria con una grande parata, ma il 9 maggio è stato anche l’anniversario del discorso di Schumann: perché quest’anno vale davvero la pena celebrare la «festa dell’Europa»
Il presidente russo Vladimir Putin - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Il presidente russo Vladimir Putin - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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L’altro ieri si è celebrato in molti paesi europei l’80° anniversario della fine della seconda Guerra Mondiale dopo la firma a Berlino della capitolazione di ciò che restava del Reich tedesco di fronte agli Usa, i suoi alleati europei e l’Unione sovietica di Stalin. Una ricorrenza che si dovrebbe celebrare insieme ed è invece l’occasione di esporre alla luce del sole le divisioni tra i vincitori di quella guerra e in particolare il rischio rappresentato da un Presidente americano che non è più il leader del mondo libero, ma preferisce il rapporto con gli uomini forti del mondo alla difesa dei valori che hanno fatto «grande» l’Occidente.

In Russia, a causa della differenza di fuso orario rispetto all’annuncio della capitolazione, questa ricorrenza, il Giorno della Vittoria della grande guerra patriottica, si è celebrata ieri con una grande parata. Quest’anno Putin ha voluto dimostrare di non essere isolato, rivendicando il vantaggio sull’Ucraina, definita da sempre regime neo-nazista e di cui nega il diritto a una sovranità autonoma, i nuovi rapporti con gli Usa di Trump e il legame sempre più forte con la Cina.

Nella dichiarazione congiunta con Xi, accorso a celebrare la ricorrenza, i due leader si proclamano i veri eredi della vittoria contro il nazi-fascismo del 1945 e come tali si impegnano a salvaguardare la «verità storica» intorno a quel conflitto e ad agire insieme contro «il bullismo egemonico» e nelle varie crisi e conflitti internazionali, dal Medio Oriente, all’Iran, alla Siria, all’Afghanistan. In una ricorrenza che dovrebbe celebrare la vittoria del mondo libero contro l’autoritarismo violento e un sistema internazionale fondato sulle regole e il rifiuto della guerra, Xi e Putin, leader di regimi autoritari spietati, si pongono come polo alternativo rispetto a un Occidente indebolito dall’arrivo di un Presidente degli Stati Uniti erratico e senza valori e dalle divisioni interne che minano molte democrazie.

A Mosca c’era anche Fico, primo ministro slovacco che non si è minimamente curato né dell’appello dell’Alta Rappresentante UE Kaia Kallas né delle bombe russe sull’Ucraina. Ed è stato un successo di Putin anche la presenza alla sfilata del presidente del Brasile Lula, ex campione di poveri e diseredati e oggi difensore di una visione distorta del «non allineamento» e di un anti-imperialismo di altri tempi, che lo fa accorrere alla corte di Putin e giustificare i suoi crimini.

L'incontro tra il primo ministro slovacco Fico e Vladimir Putin al Cremlino - Foto Afp © www.giornaledibrescia.it
L'incontro tra il primo ministro slovacco Fico e Vladimir Putin al Cremlino - Foto Afp © www.giornaledibrescia.it

Di fronte a questo 9 maggio, ce n’è un altro che vale la pena festeggiare e ricordare, proprio a causa di questo contesto internazionale doloroso e violento. Quest’anno è stato il 75° anniversario del discorso di Robert Schumann, che il 9 maggio 1950 ha proposto di mettere in comune la produzione di carbone e acciaio, materia prima di tutte le armi, ma anche della rinascita industriale ed economica dell’Europa.

La Ceca (membri fondatori: Francia, Germania occidentale, Italia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo) è la prima delle istituzioni sovranazionali europee che daranno origine a quella che oggi chiamiamo «Unione europea». Quest’anno vale davvero la pena celebrare la «festa dell’Europa» nata sull’impegno di rendere definitivamente impossibile la guerra fra i suoi membri sulla base di un progetto che non potrebbe essere più lontano da quello di Mosca; è fondato su libertà, democrazia, mercato comune e sviluppo economico solidale, e ci chiama tutti e tutte a una maggiore responsabilità di portarlo a compimento.

Anche perché la pace e la democrazia di cui il vecchio continente ha goduto in questi 80 anni non sono caduti dal cielo né sono il prodotto esclusivo dell’ombrello americano, come alcuni vogliono farci credere. Sono stati il frutto della lotta di tanti uomini e donne e come tali sono fragili; una lotta che è lungi dall’essere conclusa, non è esente da contraddizioni ed errori, ma deve essere rilanciata anche attraverso l’impegno a difendere le libertà e la pace degli altri, a partire dagli Ucraini e dalle vittime dei crimini di Netanyahu e dei suoi, sui quali l’Unione europea non può più continuare a tacere.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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