Disarmo e repubbliche confederate: la pace di Kant, lezione per l’Europa

Luciano Pace
In «Per la pace perpetua» il filosofo illuminista si domanda quali condizioni possano garantire uno stato di pace fra nazioni potenzialmente avversarie
Ursula von der Leyen a Bruxelles - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Ursula von der Leyen a Bruxelles - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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La diplomazia è un’arte difficile, ma è un’arte che cerca di far leva sull’impiego della ragionevolezza non violenta. L’alternativa ad essa è l’uso della forza per prevalere sull’avversario. La guerra, ogni guerra, è di fatto un atto opposto alla diplomazia.

Normalmente chi ama la pace e, al contempo, comprende a fondo che essa deve sempre essere costruita e rinnovata poiché è un bene sociale precario, si sente a favore dell’esercizio strenuo della ragion diplomatica. In che modo, però, renderlo efficace in periodi in cui non si capisce chi è a favore della pace?

Questo interrogativo suona particolarmente significativo se lo si considera in riferimento alla guerra fra Russia ed Ucraina e agli equilibri di potere internazionale che sta recentemente modificando. In particolare, come giudicare la proposta di riarmo dell’Europa?

A questo proposito, può essere di aiuto recuperare una lezione del grande filosofo Immanuel Kant. Nel suo scritto «Per la pace perpetua» (1795), egli si domanda quali condizioni possano garantire uno stato di pace fra nazioni potenzialmente avversarie. Per prima cosa, il filosofo illuminista tiene a distinguere gli «accordi di pace» dalla «convivenza pacifica». I primi potrebbero assumere il valore di semplice tregua tra una guerra e l’altra: non garantiscono in assoluto la loro inviolabilità. Certo, in situazione di conflitto, le tregue sono comunque di aiuto. Ciò nonostante, in vista di una convivenza pacifica stabile, essi non bastano.

Per assicurare uno stato di pace continua e «perpetua» a livello internazionale, Kant suggerisce alcune strategie diplomatiche che dovrebbero essere condivise tra popoli e nazioni fra loro legittimamente costituite. Anzitutto, è fondamentale che il regime politico di ogni nazione sia repubblicano, in quanto, a suo dire, è quello migliore per garantire la pace. In seconda battuta, ogni repubblica dovrà aderire ad una lega di stati confederati: pur mantenendo la loro sovranità ed autonomia, condivideranno accordi politici ed economici per non entrare in conflitto armato.

In terzo luogo, questa confederazione dovrà decidere di diminuire i suoi armamenti, in modo da abbassare il timore che possano essere impiegati. Infine, ogni stato confederato dovrà garantire il diritto di ospitalità ai cittadini stranieri. Su questo punto Kant tiene a precisare che «la parola ospitalità significa il diritto spettante ad uno straniero di non essere trattato ostilmente a cagione del suo arrivo sul territorio altrui».

Repubblicanesimo, confederazione politica (non solo economica), iniziative di disarmo militare e ospitalità verso gli stranieri. Questa è la proposta diplomatica kantiana per garantire la pace stabilmente. A mo’ di impressione, rispetto ad una simile visione politica i parlamentari europei appaiono non così coesi come vorrebbero far credere. Sebbene tutti repubblicani, c’è chi sostiene l’accoglienza dello straniero, ma non il disarmo. C’è, al contrario, chi sostiene il disarmo, ma non l’accoglienza dello straniero. A quanto pare, non intendono esercitare la ragione alla maniera kantiana, o almeno, non sembrano intenzionati per ora a farlo fino in fondo.

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