Nuova era per il Movimento 5 Stelle: addio al campo largo

Da adesso in poi sarà Conte a dettare la linea: l’identità del nuovo movimento ricorda quella de La France Insoumise di Melenchon
Beppe Grillo e Giuseppe Conte durante un evento a Roma del novembre del 2023 - Foto Ansa/Riccardo Antimiani © www.giornaledibrescia.it
Beppe Grillo e Giuseppe Conte durante un evento a Roma del novembre del 2023 - Foto Ansa/Riccardo Antimiani © www.giornaledibrescia.it
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Senza ricorrere a metafore psicanalitiche, si può dire che, con la seconda votazione dei militanti ancora più deludente per Beppe Grillo e ancora più favorevole a Giuseppe Conte, il Movimento Cinque Stelle inaugura una vera seconda fase della sua breve ma intensa esistenza politica. Anche se Grillo dovesse ricorrere alle aule di tribunale per vedere riconosciuta la leadership che i militanti gli hanno negato, sta di fatto che da adesso in poi sarà Conte a dare la linea e a guidare il movimento, con un obiettivo obbligato: frenare la crisi di consenso elettorale e conquistare una posizione di favore nello scacchiere politico.

L’ambizione è grande, bisogna vedere come Conte riuscirà ad esserle pari: la sua comunità è con lui anche perché l’ex presidente del Consiglio adotta uno stile che vuol essere più inclusivo, meno autocratico e disciplinare di quanto non avvenisse in passato quando bastava andare in una trasmissione televisiva senza autorizzazione per essere espulsi con un post sui social. Su Conte dunque si addensano le speranze di un movimento che ha provato la vertigine di una crescita elettorale enorme ed improvvisa che l’ha portato laddove nessuno si immaginava, e cioè al governo, salvo poi calare nell’incertezza di una crisi di identità che si riflette crudelmente nelle urne, soprattutto quelle locali ed europee.

Ma quale identità intende dare Conte al «suo» movimento post-grillino? La formula usata ha provocato più di un interrogativo: «Siamo progressisti – ripete Conte – ma non schiacciati sulla sinistra, che è una etichetta ormai stantia che nessuno sa più cosa significhi». Poiché i due termini sono comunemente considerati sinonimi, la loro contrapposizione dovrà prima o poi essere chiarita. Una cosa è però assodata: il tema geopolitico è determinante per segnare i confini. Conte critica e non si identifica con la sinistra nel momento in cui, dice lui, vota per aiutare l’Ucraina anche con le armi, o sostiene la seconda Commissione von der Leyen («che sta a destra e frena sulla svolta green»), che non è sufficientemente risoluta nell’opporsi all’aumento delle spese militari.

Quindi si capisce che il progressismo di Conte è in buona parte pacifista e ambientalista oltre che votato alla difesa dei ceti socialmente penalizzati. Una impostazione di questo genere amplifica la concorrenza del M5S con il PD di Elly Schlein e ne rende più accidentato il possibile raccordo: «Noi non saremo ancillari rispetto a nessuno». E parliamo solo di raccordo perché comunque il leader pentastellato esclude recisamente un’alleanza organica e stabile coi democratici: «Sarebbe contraria alla nostra vocazione».

La conclusione di queste osservazioni è che la ridefinizione di una identità (abbastanza vicina a quella de La France Insoumise) che ne favorisca una nuova crescita elettorale invertendo l’attuale trend in discesa, fatalmente contrasterà con una prospettiva di unità dell’opposizione al governo di centrodestra, indebolendone l’iniziativa. Il campo largo non c’è più ma non sappiamo se e cosa un giorno lo sostituirà.

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