Meloni, protagonista della destra globale

Adalberto Migliorati
A capo del primo partito non ha modificato le sue linee guida, ritenute le ragioni del successo
Giorgia Meloni - Foto Ansa  © www.giornaledibrescia.it
Giorgia Meloni - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Non c’è da stupirsi se ad ogni passo che compie Giorgia Meloni declina la sua matrice identitaria di destra, attingendo al suo bagaglio ideale e al nucleo di classe dirigente originario come forza motrice della sua azione. É diventata il capo del maggior partito nazionale, ma non ha modificato le linee guida ritenendo che proprio là stiano le ragioni del suo successo, non in una rincorsa affannata a successive integrazioni che arrivano comunque perché non c’è altro scenario.

Convinta che le opposizioni non riescano a dare corpo a una alternativa praticabile e che la sua coalizione può confliggere anche aspramente ma non spaccarsi irrimediabilmente.

Sul versante nazionale resiste agli scandali che coinvolgono esponenti della sua maggioranza, attribuendoli a un dossieraggio interessato che da anni imperversa a discapito di questi o quelli, per mettere sotto scacco l’azione politica, condizionandone i protagonisti di turno. Anche l’accusa di essere appendice continuativa del regime fascista e del percorso post-fascista che lo ha seguito non pare turbare più di tanto: come si può sostenere che chi era antifascista sia diventato improvvisamente e stabilmente preda della negazione pratica dei fondamentali della democrazia?

Se la gente si affida a questo personale politico significa che l’altro non riesce più a parlare al sentire pubblico, tantomeno a guidarne i passi nell’azione di governo. I conti da far tornare sono una grande incognita che non consente vuoti di potere. Sul versante internazionale la Meloni non si fa scrupolo a declinare amicizie e collocazione nella destra pura. Nel contesto europeo ha fatto votare contro l’assetto realizzatosi in nome del primato della destra, salvo provare a rientrare in gioco nella dinamica dei disequilibri condizionati dalle guerre che sempre più ci coinvolgono direttamente. Si tratti di Russia e Ucraina, oppure di Israele, Gaza, Cisgiordania e Libano. Sulla partita delle presidenziali statunitensi non nasconde la vicinanza a Trump, con le conseguenze sulle strategie atlantiche e le modificate relazioni internazionali Europa-Usa.

Insomma la Meloni si sente protagonista di uno scenario mondiale di destra, di cui vuole essere parte attiva. Pronta a sacrificare quelle pedine che ritiene seconde linee, ma non la sua ambizione di fare la storia del cambiamento. Il suo imbarazzo può essere innescato da un macigno sul cammino dell’azione di governo, rappresentato da una uscita di strada rovinosa di parti della sua coalizione che ne determinino la conclusione traumatica. Ma si fatica ad individuare chi può avere la forza per rimettere in discussione tutto senza sapere dove e con chi andare.

L’orizzonte è quello di una destra che non ci è usuale, ma che mette radici non episodiche. Con Meloni e Salvini che si fanno aperta concorrenza nel marcare il loro approccio identificativo e Forza Italia che prova a rileggere l’azione di Berlusconi, per ritornare a essere chiave di volta dello schieramento. La Meloni si gioca la partita della vita.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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