Manovra al rush finale, non le tensioni salviniane

Domani la Camera dei Deputati ha all’ordine del giorno la legge di Bilancio approvata dal Senato il 23 dicembre, antivigilia del Natale. Nello schema di «monocameralismo di fatto» ormai invalso, quello di Montecitorio sarà un voto di ratifica che consentirà di varare la Manovra entro il termine del 31 dicembre evitando così l’esercizio provvisorio.
La Manovra è lievitata a 22 miliardi per l’aggiunta di fondi destinati soprattutto alle imprese. Secondo il ministro Giorgetti sono state fatte «cose che sembravano impossibili» come la detassazione degli aumenti contrattuali per i dipendenti con più basso reddito; secondo l’opposizione, per citare solo Matteo Renzi, si tratta di «una finanziaria mediocre come il suo autore Giorgetti».
La mancanza di visione e di impulso all’economia è infatti la critica che le opposizioni fanno non senza qualche ragione. Ma allo stesso tempo la maggioranza può ribattere vantando di aver varato una manovra che rispetta il tracciato di tenuta dei conti pubblici con l’uscita dell’Italia dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo, e quindi di aver dato prova di stabilità e senso di responsabilità non solo alla Commissione europea ma anche e soprattutto agli investitori nei nostri titoli pubblici, tant’è che lo spread è ormai ai livelli del primo governo Prodi a metà anni Novanta.
È vero che si tratta di un dividendo politico che ha scarsi riflessi sull’elettorato ma è intuibile che quest’anno si sia preferito fare una finanziaria che si preoccupa soprattutto dei saldi e rimandare all’anno prossimo, ossia alla vigilia delle elezioni politiche del 2027, una visibile azione di sostegno a famiglie e imprese. Ovviamente nessuno lo ha detto ma sarebbe strano se non accadesse.
Nel clima natalizio dovrebbero essere già dimenticate le tensioni nella maggioranza che hanno caratterizzato la discussione sulla Manovra, ma non sarà così: quelle tensioni, che hanno messo in difficoltà non solo i rapporti tra alleati ma anche quelli tra il ministro dell’Economia e il suo stesso partito, avevano come epicentro la Lega di un Matteo Salvini in pieno attivismo già pre-elettorale.
Salvini, chiusa la partita del Bilancio, è pronto a combattere sul fronte del decreto di aiuti all’Ucraina che dovrà vedere la luce nell’ultimo Consiglio dei ministri dell’anno, il 29 dicembre: non essendo riuscito a limitare a tre mesi la copertura del provvedimento (che invece varrà un anno) il segretario leghista insiste nel chiedere che tra gli aiuti non ci siano armi italiane a disposizione degli ucraini aggrediti dall’esercito russo. Gli stanno rispondendo anche in modo un po’ piccato i ministri competenti - Crosetto e Tajani - e da ultimo anche il braccio destro di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, il sottosegretario Fazzolari: il decreto, dicono tutti, avrà le stesse caratteristiche dei precedenti, ci saranno quindi prevalenti aiuti civili ma anche attrezzature di difesa, per esempio contraerea, per aiutare l’esercito ucraino ad abbattere i droni che non cessano di bombardare abitazioni civili e strutture energetiche indispensabili per riscaldare e illuminare le case. Difficilmente Salvini potrà festeggiare il Capodanno potendo esibire una vittoria su questo fronte. Ciò però significa che il brontolio del segretario leghista non subirà pause cominciando con qualche altro argomento ai primi del 2026. Auguri.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
@News in 5 minuti
A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.
