Opinioni

La scommessa Kursk a doppio taglio

Non ha rallentato i russi a Est e ha tolto dal fronte unità esperte che ora sarebbero utilissime. Però potrebbe tenere in bilico il conflitto sino alle elezioni Usa di novembre
Un militare in azione - © www.giornaledibrescia.it
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Il 6 agosto gli ucraini entravano in Russia, avanzando per 30 km verso Kursk. Un mese dopo le unità di Kiev sono ancora là e controllano circa 1.200 km quadrati su un fronte largo 50 km. Martellati da aeronautica e artiglieria russe, non sono però riusciti a prendere il «nodo» di Korenovo e non avanzano, sia per non allungare la catena logistica per le loro esauste brigate, sia perché i russi han fatto affluire in zona unità più preparate di quelle di coscritti e guardie di confine travolte all’inizio (cedendo circa 600 prigionieri): Mosca però ha tolto solo in minima parte tali unità dall’Ucraina e soprattutto non dal Donetsk, dove sta esprimendo il massimo sforzo su Pokrovsk (città di 60mila abitanti oggi quasi evacuata) cruciale nodo logistico.

Da qui, infatti, dipende il sostentamento delle forze di Kiev nel Donetsk, dopo la caduta di Avdiivka (febbraio 2024) che per dieci anni aveva protetto con le sue fortificazioni le rotte vitali ucraine. I russi sono a poco più di 5 km da stazione e autostrada e possono colpirle con l’artiglieria senza bisogno di occupare Pokrovsk.

Appare oggi ancor più drammatica la carenza ucraina di forze: le linee difensive approntate in tutta fretta dietro Avdiivka, infatti, erano (lo dicono blogger militari ucraini) presidiate solo dal 20% delle unità necessarie, anche perché fra 4 e 7 brigate sono state dirottate verso Kursk e Sumy.

Pokrovsk apre scenari preoccupanti: è infatti a soli 20 km dal confine dell’oblast di Dnipropetrovsk, territorio poco adatto alla realizzazione di ulteriori difese. Mosca, quindi, potrebbe occupare territori più «pesanti» per eventuali trattative: ciò però richiederebbe uno sforzo che oggi potrebbe anche non essere alla portata della potenzialità dell’armata russa.

Semplificando, è probabile che Putin «congeli» la situazione a Kursk, tenendo il nemico in quel fazzoletto (del resto isolato dagli stessi ucraini che han fatto saltare i ponti) per occuparsene dopo aver messo le mani sugli interi Donetsk e Luhansk (obiettivo dichiarato dall’inizio) e magari su qualcosa in più.

La scommessa di Kursk, dunque, potrebbe rivelarsi a doppio taglio, sia perché non ha rallentato i russi a Est, sia perché ha tolto dal fronte unità esperte che ora sarebbero utilissime. Però potrebbe tenere in bilico in qualche modo il conflitto sino alle elezioni Usa di novembre: prima di allora, infatti, una disfatta ucraina sarebbe un disastro per Kamala Harris; se il fronte terrà ancora qualche settimana, inoltre, Kiev potrà contare sull’autunno che trasformerà i terreni in pantani.

La situazione è preoccupante, ma non solo per Kiev (alle prese coi guai governativi): l’Europa, infatti, al di là delle dichiarazioni dei rappresentanti, non può reggere economicamente il conflitto (carenza di soldati a parte, servirebbero tra 400 e 900 miliardi, non i 40 promessi da Bruxelles) e la sua industria bellica, depauperata nei decenni post caduta del Muro, è lontana anni luce dal produrre materiali e munizioni necessari (in molti casi neppure esistono le strutture).

La richiesta di Kiev di usare armi a lungo raggio sul suolo russo, poi, pare più che altro voler provocare un coinvolgimento diretto occidentale in guerra, perché quelle in mano agli ucraini, i missili Usa Atacms, hanno al massimo un raggio di 300 km: poco per l’immensa Russia.

Chi (magari a Washington) contava sull’effetto che l’invasione del territorio russo avrebbe avuto sulla saldezza del Cremlino forse non ha studiato la storia: ogniqualvolta la «madre Russia» è stata invasa, infatti, il popolo ha fatto quadrato attorno al leader (persino a un despota come Stalin) e la narrazione di Mosca a questo oggi si appella.

Cattivi segnali per la Vecchia Europa (e il voto in Francia e Germania ha già evidenziato forte disagio): nel giugno 2022, 4 mesi dopo l’attacco a Kiev, al vertice di S. Pietroburgo Putin aveva detto che «l’Ue ha rinunciato alla sua sovranità in ossequio alla volontà Usa: ciò comporterà in molti Paesi crisi economica e politica». Sarà la storia a scrivere il finale.

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