La crisi venezuelana destabilizza la regione

Nicolás Maduro, alla guida del Partito Socialista Unito del Venezuela (Grande Polo Patriottico), è stato rieletto presidente del Venezuela per la terza volta con il 51,20% pari a poco più di 5 milioni di voti, mentre Edmundo González Urrutia, leader della Piattaforma Unitaria Indipendente, ha ottenuto il 44,20%, pari a circa 4 milioni e mezzo di voti. Già la campagna elettorale era stata caratterizzata da toni molto duri, ulteriormente manipolati dai media. I due sfidanti si accusavano reciprocamente di non accettare l’esito del voto in caso di sconfitta, oltre che di possibili piani golpisti e di «bagni di sangue».
Lo scontro è diventato ancora più acceso quando è iniziato il conteggio dei voti. Ciascuno dei contendenti si è dichiarato vincitore. Subito è iniziata la battaglia mediatica delle narrative. L’ideologia ufficiale del «Chavismo» ha presentato la vittoria di Maduro come il risultato del movimento di autodeterminazione del popolo venezuelano contro il fascismo e il golpismo delle élite economiche e politiche, raccoltesi intorno alla candidatura di Urrutia, con l’appoggio dell’imperialismo nordamericano.
Sul versante opposto, lo sfidante Urrutia, convinto di aver vinto con il 70% delle preferenze, ha subito accusato il regime di Maduro di aver manipolato il voto, dichiarandosi il legittimo vincitore delle elezioni, a maggior ragione quando la Giustizia Elettorale venezuelana si è limitata a confermare la vittoria del presidente in carica senza tuttavia consegnare i documenti ufficiali del conteggio.
Nel frattempo, l’Organizzazione degli Stati Americani ha riconosciuto possibili indizi di frode elettorale. Stati Uniti, Europa e una buona parte dei paesi sudamericani, tra cui l’Argentina, hanno contestato la vittoria di Maduro, mentre Russia e Cina si sono complimentate con il presidente rieletto.
Il governo brasiliano ha assunto una posizione molto prudente. Alcuni possibili scenari si delineano. Il primo è già in atto. Nelle strade delle principali città manifestanti dell’opposizione protestano e si parla già di 11 morti e di centinaia di arresti, mentre Maduro ha annunciato che metterà l’esercito nelle piazze. Il presidente dovrà essere capace di reprimere le opposizioni in massa, nonostante la sua popolarità sia molto in crisi. Occorre capire anche sino a che punto le opposizioni sono disposte a spingere la protesta.
Un altro possibile scenario è l’isolamento internazionale. Maduro non gode più neanche dell’appoggio della sinistra latinoamericana. Ci potrebbero essere delle sanzioni di embargo. E non è detto che sia sufficiente l’accordo di cooperazione petrolifera con la Russia per garantire la sopravvivenza di Maduro al potere. Infine non è da escludere una nuova onda migratoria verso i paesi confinanti.
Fabio Gentile, Docente di Scienze Politiche, Università federale del Cearà, Fortaleza
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