Italia divisa sul voto a von der Leyen

Ursula von der Leyen affronterà l’aula del Parlamento europeo cercando di proporre un programma accettabile per la vasta maggioranza che le ha già assicurato l’appoggio per restare al vertice della Commissione.
Dovrà, da una parte, non scontentare l’ala destra dei popolari (soprattutto tedeschi) che chiede un deciso ripensamento della politica di transizione energetica, ma potrà deludere i Verdi che, in cambio del loro sostegno, chiedono anzi di accelerare le tappe del Green Deal. Dovrà dire parole sull’immigrazione clandestina che suonino non troppo lontane alle tante anime della sua maggioranza ma nello stesso tempo che non alimentino – come sulla politica green – il consenso delle destre europee che, benché divise tra loro in tre diversi raggruppamenti, a giugno hanno comunque raccolto il vasto voto di chi dice basta sia alle ondate migratorie sia a decisioni che mettano a rischio l’industria europea pur di seguire la strada virtuosa della decarbonizzazione. Meno complicato sarà per lei ribadire la linea di sostegno all’Ucraina aggredita dalla Russia.
A Washington siede ancora Joe Biden, la Nato non è stata scossa da alcun improvviso contrordine, nelle capitali europee siedono governi che hanno ripetutamente approvato la linea di aiuto anche armato a Kiev. Questo riguarda anche il governo di Roma, l’unico a non essere stato sconfitto nel voto di giugno, ma che pure si presenta a Bruxelles con una maggioranza interna in cui convivono posizioni diverse.
Mentre in queste ore appare ancora aperta la decisione di Giorgia Meloni sul voto da dare alla ricandidatura di Ursula von der Leyen, è certo che il partito di Antonio Tajani, quella Forza Italia da sempre membro del Ppe, dirà sì alla presidente uscente. Altrettanto certo il no di Matteo Salvini, l’altro vicepremier italiano, che dirà il suo sonoro «no» insieme al gruppo europeo dei «Patrioti» che si colloca a destra dei Conservatori di Meloni.
E così nel voto parlamentare su Ursula von der Leyen gli italiani di governo potrebbero dare un’astensione, un voto contrario, un voto favorevole. Oppure due voti contrari e un voto favorevole. O anche due voti favorevoli e uno contrario. Allo stesso modo in cui gli italiani, questa volta sia di maggioranza che di opposizione, si sono divisi sul voto sull’Ucraina, il primo della nuova legislatura europea. Mentre FdI e FI hanno votato a favore della continuazione degli aiuti, la Lega si è espressa contro. E mentre il Pd ha detto sì (con due eccezioni), il M5s ha votato no.
È vero che le articolazioni politiche intra-nazionali a Bruxelles sono abbastanza normali, ma gli italiani purtroppo rischiano di costituire un caso di studio tanto è vasta l’articolazione delle posizioni. Questo non aiuta il Paese, alle prese con dossier in cui ha bisogno di presentarsi il più possibile coeso di fronte ai partner e alla nuova Commissione. Il cui atteggiamento però molto dipenderà, ricordiamocelo, dal voto che sarà espresso soprattutto dalla presidente del Consiglio e dal suo partito.
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