Opinioni

Il teatro come strumento educativo: emozioni, empatia e riflessione

Riflettere sulla valenza didattica del palcoscenico
Il teatro può assumere un grande ruolo educativo - © www.giornaledibrescia.it
Il teatro può assumere un grande ruolo educativo - © www.giornaledibrescia.it
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Sembra quasi un’eresia affermare che si possa educare attraverso la finzione in quanto tutto il processo educativo appare finalizzato invece a disvelare e conoscere la realtà, fisica, culturale o sociale che sia.

Eppure il gioco di finzione, o del far finta, compare a partire dai due anni di vita negli umani e non trova riscontro in altre specie animali. Questa «rappresentazione mentale» della realtà, come la definiva Jean Piaget, consente di attribuire significati diversi agli oggetti, o di interpretare ruoli diversi, ossia entrare nei panni di qualcun altro. Si caratterizza insomma come la prima forma embrionale dell’empatia, dell’entrare in risonanza con l’altro, di immedesimarsi nell’altro. E non è un caso che nel teatro antico il termine empatia (empátheia) veniva usato per indicare il particolare rapporto emotivo che si creava tra attore e pubblico.

Da ciò deriva il grande valore formativo che può assumere il teatro nella formazione dei giovani, sia nella sua versione più attiva (fare teatro), che in quella fruitiva (partecipare a rappresentazioni teatrali). L’esperienza teatrale ci immerge infatti in una dimensione emozionale fortemente coinvolgente, ma nel contempo ci aiuta a dare un nome alle emozioni, a viverle in modo «mediato», attraverso le voci e i corpi degli attori e mediante l’intreccio che si crea tra questi e il copione che viene rappresentato.

Ma attraverso questa esperienza immersiva la conoscenza assume una dimensione diversa rispetto a quella della liturgia scolastica della lezione dove i contenuti vengono trattati il più delle volte senza passione, in modo piatto e monotono.

In realtà oggi i giovani sono immersi in una dimensione fortemente connotata in senso emozionale, quasi una sorta di consumismo delle emozioni, dove tutto viene usato e gettato senza alcuna sedimentazione. Anche il teatro produce forti emozioni, ma, come sottolineava Aristotele nella sua Poetica, dalla rappresentazione teatrale lo spettatore ricava una sorta di purificazione delle emozioni, ossia una visione diversa, più riflessiva, decantata.

Parafrasando Eschilo, si può affermare che il teatro sollecita ad imparare attraverso le emozioni.

Tutto ciò spiega la significativa importanza che alcune istituzioni culturali e associazioni - oltre che non poche istituzioni scolastiche - rivolgono al coinvolgimento dei giovani al mondo del teatro e alla pratica teatrale. A questo proposito, un’attenzione particolare l’ha sempre riservata il Ctb-Centro Teatrale Bresciano che nel tempo è riuscito a consolidare un numero significativo di abbonamenti (circa 2.000) appositamente rivolti agli studenti delle scuole superiori, allestendo una programmazione dell’offerta culturale in grado di intercettare e soddisfare gli interessi anche del pubblico giovanile, sia attraverso gli spettacoli in tabellone, sia attraverso iniziative culturali espressamente pensate per i giovani, come «Le mattinate al Ctb», che nell’illustrare agli studenti le opere della tradizione teatrale e letteraria nazionale e internazionale, propongono una prospettiva interdisciplinare delle tematiche e degli spunti offerti dai testi.

La recente inaugurazione del nuovo Teatro Borsoni, votato ad esplorare nuovi itinerari espressivi e a proporre commistioni tra teatro, musica e altri linguaggi, è un ulteriore segnale che va in questa direzione. Da sottolineare, inoltre, che all’interno del Teatro Borsoni la seconda sala, «L’isola che non c’è», ospita la programmazione artistica gestita dal Teatro Telaio, rivolta espressamente a bambini, ragazzi e famiglie.

Insomma, come diceva Orson Welles, «il teatro resiste come un divino anacronismo», un anacronismo quanto mai attuale per alimentare la mente ed arricchire l’anima.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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