I trent’anni di una rivoluzione

Scagli la prima pietra chi non ha mai fatto almeno un acquisto. O chi non ne sia stato tentato consultando il sito o l’app. Amazon è diventata talmente pervasiva da essere per molti una piattaforma d’uso quotidiano.
Viene dunque naturale avvicinarsi alla torta con le trenta candeline del suo compleanno sentendosi quasi di famiglia.
Era il 5 luglio 1994 quando Jeff Bezos si trasferì a Seattle per fondare una nuova società dedicata alla vendita online di libri. Per la verità, quei giorni di trent'anni fa la piattaforma si chiamava Cadabra.com e cambiò nome qualche mese dopo, quando un avvocato fece presente a Bezos che un nome come Amazon avrebbe avuto ben altra presa sul mercato. Iniziando con la A sarebbe stato in testa agli elenchi e poi avrebbe portato con sé l'idea del grande fiume in piena... E così è stato: oggi Amazon è diffusa in tutto il mondo, l'ultimo anno ha fatturato 575 miliardi di dollari, con un utile netto di 30,4 miliardi. Ogni giorno, festività comprese, consegna oltre 7 miliardi di pacchi.

L'idea, in sé, non era originale. Metteva l'acceleratore digitale alle vendite a distanza che già da tempo erano in voga. Per dire: a Milano, Anna Bonomi Bolchini aveva fondato Postal Market nel 1959. Originale semmai potrà apparire che Bezos pensasse ai libri più che agli abitini e agli accessori a buon mercato. Ma ben presto il successo è diventato dilagante per i prodotti e travolgente nella diffusione.
Amazon è l'icona dell'eterogenesi dei fini di Internet. Lo strumento nato con il mito della libertà singolare - uno vale uno e ognuno è protagonista allo stesso modo degli altri - è diventato il più clamoroso generatore di monopoli. Talmente forte che ciascuno di essi ha un nome e un cognome: Bill Gates, Steve Jobs, Mark Zuckerberg, Elon Musk e, appunto, Jeff Bezos. Alcuni hanno lasciato la tolda del comando ma continuano ad incassare i dividendi.
A ben guardare, la propensione al monopolio è insita nel dna del web: tutte queste piattaforme non reggerebbero se non avessero dimensioni che tendono al globale. Lo dimostra anche una storia tutta bresciana. La stessa idea di Bezos e negli stessi anni era venuta anche alla Poligrafica San Faustino, che anche per finanziare questo progetto si quotò in Borsa. L'avevano chiamata Casa Rossi. Funzionava bene, ma non decollò, perché troppo limitato il mercato allora interessato, e per ragioni di strumenti disponibili, era la seconda metà degli anni Novanta e lo smartphone, vero motore dell'intero sistema, sarebbe arrivato una decina di anni dopo.
Amazon è anche l'emblema della complessa articolazione che le piattaforme web hanno tra virtuale e reale, fra relazioni, connessioni, strutture e infrastrutture. Chi fa l'ordine non sa a chi si sta rivolgendo, l'impressione è di dialogare con un'entità che sovrasta tempo e spazio. Invece la società ha un forte e diffuso radicamento sul territorio. Noi bresciani lo possiamo testimoniare, dei 175 centri logistici diffusi nel mondo, ben tre stanno dalle nostre parti. L'intero sistema di Internet non vaga sulle nuvole dei cloud ma ha i suoi dati custoditi in server farm ben piantate (seppur altrettanto ben mimetizzate) nel territorio.

Vi è infine, un altro aspetto curioso nella storia dei monopoli web. Studi recenti - dal Mit di Boston alla Normale di Pisa - hanno rilevato come l'opinione pubblica tenda a vivere queste piattaforme dalla posizione dominante come dei servizi pubblici, dei quali non possiamo fare a meno. Non si riesce ad immaginare una ricerca senza Google, un prodotto di intelligenza artificiale senza ChatGpt, e un acquisto online senza Amazon.
Da parte loro, le piattaforme fanno di tutto per assecondare questa sensazione. Amazon si distingue anche su questo fronte, con gli sconti, con i favori riservati a chi aderisce a «prime», con le consegne gratuite, con la rete dei luoghi dove ritirare il pacco, con la riduzione dei tempi di consegna, con il costante controllo della soddisfazione del cliente. Non sono attenzioni dovute a una particolare sensibilità sociale, ma basate sulla convinzione che solo facendosi passare come servizio pubblico il monopolista riesce a far dimenticare la sua presenza pervasiva e invasiva, costante e pesante.
Ci sono riusciti così bene, i Big del Tech, da portare ad una modifica sostanziale nell'interpretazione della normativa stessa sul mercato e la concorrenza. Negli Stati uniti - e a ricaduta poi negli altri Paesi - le autorità antitrust, infatti, non badano più tanto alla posizione dominante delle società quanto alla tutela dei diritti del consumatore.
In trent'anni la company di Seattle ha talmente modificato il sistema di vendite e distribuzioni al dettaglio che un intero sistema commerciale e finanziario ora viene denominato «Amazon economy». Le ragioni del fenomeno sono analizzate in un discreto numero di saggi che si possono avere a portata di mano in un sol giorno. Ordinandoli su Amazon.
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