Le potenze globali minano il futuro dell’Onu

Le Nazioni Unite sembrano aver perso quella residuale funzione simbolica che ancora restava loro: l’impressione è che il colpo di grazia sia ormai dietro l’angolo
Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Gutierres - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Gutierres - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Si apre oggi l’annuale dibattito, 80esimo, dell’Assemblea Generale dell’Onu. Lo slogan scelto per quest’anno – «Meglio insieme: 80 anni e oltre per la pace, lo sviluppo e i diritti umani» – farebbe quasi sorridere, se non fosse per il contesto drammatico e tragico in cui ci troviamo. Forse mai nella loro storia le Nazioni Unite sono state non solo così deboli e inutili, ma pure tanto sbeffeggiate e delegittimate. Anche nei suoi momenti di maggiore difficoltà quando le sue risoluzioni non erano rispettate, i veti incrociati al Consiglio di Sicurezza ne paralizzavano l’operato, o l’unilateralismo delle grandi potenze ne esponeva l’impotenza, l’Onu ha preservato una funzione simbolica che ne tutelava almeno in parte prestigio e ruolo.

L’Assemblea Generale rimaneva quel palco dal quale i diversi attori si rivolgevano all’opinione pubblica mondiale per esporre le proprie ragioni e cercare di ottenere una fondamentale investitura di legittimità. Le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza costituivano il fondamento di un diritto internazionale che tramite di esse ripensava e ridefiniva il suo perimetro sempre espandibile. A dispetto di tutto, George Bush Jr. nel 2002-3 cercò disperatamente una risoluzione del Consiglio di Sicurezza che ne validasse la scellerata decisione d’intervenire militarmente in Iraq. E nel 2019, durante il suo primo mandato, Trump scelse la plenaria dell’Onu per pronunciare il suo famoso discorso nel quale dichiarò che il «futuro» sarebbe stato «dei patrioti e non dei globalisti».

Donald Trump, presidente degli Stati Uniti - Foto Epa/Will Oliver © www.giornaledibrescia.it
Donald Trump, presidente degli Stati Uniti - Foto Epa/Will Oliver © www.giornaledibrescia.it

Interverrà anche quest’anno, il Presidente statunitense. Ma tutto lascia presagire che si tratterà di un intervento assai duro contro l’organizzazione e chi, come la Francia e altri, proverà a mettere la Palestina al centro della scena. Trump cercherà insomma di esporre la vetusta e inutilità di una struttura di governance dell’ordine internazionale che gli Usa e altri paesi, a partire da Russia e Israele, stanno fattivamente smantellando.

Quello cui stiamo assistendo pare essere infatti l’atto finale di una lenta implosione di tale struttura, al cui centro si collocano le Nazioni Unite. Un processo, questo, che viene da lontano, a cui ha contributo anche l’iniquità fondativa di un ordine dalla gerarchia istituzionalizzata, con l’immenso privilegio del veto di cui godono i cinque membri permanenti del Consiglio. Che è stato accelerato dall’incapacità dell’Onu di aggiornare la sua struttura e i suoi meccanismi, soprattutto dopo la fine della Guerra Fredda, esponendo così vieppiù la sua anacronistica obsolescenza. E che è stato poi acuito dal contrasto tra la sua presunta natura universalistica e gli standard duali con cui venivano applicate norme, che valevano per i più ma non per tutti. Standard duali pienamente internalizzati negli Stati Uniti, uno degli attori che più ha contribuito a indebolire questo ordine, ma rivendicati poi da molti altri.

L’impressione è che il colpo di grazia sia ormai dietro l’angolo. Anche le organizzazioni internazionali più recenti – si pensi solo a quella mondiale per il commercio, il WTO – versano in uno stato di morte cerebrale, contestate, svuotate delle loro funzioni e, in ultimo, non più operative. Nella grammatica ostentatamente neoimperiale di Trump, Putin o Netanyahu, non vi è posto per regole, istituzioni multilaterali e formale riconoscimento dell’eguaglianza degli Stati. Prevale sempre più la sola logica della potenza e della forza. E il palco simbolico rappresentato dalle Nazioni Unite pare avere perso quella residuale funzione simbolica che ancora gli restava.

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