Elezioni: quando si vince o si perde sul filo di lana

Sul filo di lana, ma chi vince governa il futuro. Accade in Liguria per la regione, succederà ora negli Stati Uniti per il presidente. E lo decide meno della metà degli aventi diritto al voto, quella che si reca alle urne. In buona parte fedele ad un’appartenenza, che sfugge al merito specifico di campagne elettorali tese a delegittimare il concorrente.
In Liguria si andava ad un voto anticipato, innescato dalle dimissioni del presidente Giovanni Toti, esponente del centrodestra, che si è dimesso dopo mesi di arresti domiciliari e ha patteggiato la condanna, per evitare il processo, dopo l’accusa di aver fruito di un sistema, non di un singolo episodio, tangentizio.
Si era pensato che il centrosinistra avrebbe fruito - e i sondaggi iniziali lo confermavano - di un contesto favorevole e strappato la guida della regione all’altro schieramento. Le divisioni al suo interno hanno invece portato al successo l’antagonista, il sindaco di Genova Marco Bucci, per meno di novemila voti. Con Bucci che ha perso proprio nella sua città, dove ha amministrato. Genova ora dovrà andare al voto per scegliere il primo cittadino, mentre lui si propone come il sindaco della Liguria tutta, che prescinde dal voto risicato e mandato in soffitta.
Nel centrosinistra, che ha visto il successo del Pd risultato primo partito, si scambiano accuse feroci tra Giuseppe Conte - che è allo scontro frontale interno con Beppe Grillo sul presente e futuro dei cinquestelle - e Matteo Renzi, tenuto fuori dalla coalizione perdente guidata Andrea Orlando. Con la segretaria del Pd Elly Schlein che chiede ai suoi potenziali alleati di poter contare su una reale coalizione, che non la premi solitariamente da sconfitta, ma si trasformi in un’alternativa di governo. Una sconfitta sul filo di lana per quanto riguarda i voti conteggiati, un problema politico di fondo nella prospettiva degli scenari elettorali e programmatici prossimi venturi.
Negli Stati Uniti Kamala Harris e Donald Trump sono dati ad un testa a testa che, stante il sistema elettorale, si giocherà su alcuni stati in bilico piuttosto che sul voto complessivo. Eppure la sua politica interna per i prossimi anni, e i suoi effetti sullo scacchiere mondiale, saranno decisi proprio dalla quota di pendolari tra voto e non voto in una manciata di stati.
Come dire che il voto conta là dove viene espresso, poi viene gestito da chi vince, indipendentemente da come e di quanto lo è. Insomma è in gioco il sistema del fare democrazia partecipata occidentale. Lo è in modo ancor più penetrante in una realtà che vede le guerre prevalere sulla diplomazia. Da noi si profilano le elezioni regionali in Emilia Romagna ed Umbria, mentre resta in bilico il sistema dell’autonomia differenza e l’introduzione del premierato, che potrebbero portare a referendum dai quali le forze di governo sono considerate a rischio di sonora sconfitta. Il continuo calo dei partecipanti al voto, impastato con i quotidiani depistaggi di dossier e intercettazioni lamentati, fa temere che davvero sia in gioco la democrazia e che l’attuale politica, nel suo complesso di maggioranze ed opposizioni, non sia in grado di gestire possibili soluzioni condivise. Chi e come occuperà il vuoto che si va allargando, ma non può restare tale?
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
@News in 5 minuti
A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.
