Due voli a settimana

Daria ha qualcosa in più di trent’anni e tre bambini. L’ultimo è nato ad agosto. Daria è di Napoli e ogni lunedì mattina, all’alba, esce da casa con il figlio di pochi mesi e la suocera. Prende un aereo e atterra a Orio al Serio. Lascia la suocera con il bambino e per l’inizio della terza ora è in aula. A casa restano il marito che, per gestire gli altri due bambini che ancora non vanno a scuola, conta sull’aiuto di due babysitter. Daria riprende un volo nel primo pomeriggio del giovedì e rientra. La sua prospettiva è quella di mantenere questo ritmo fino alla fine di giugno.
È il suo anno di prova, quello che le consentirà di entrare in ruolo come docente di sostegno. Ha deciso per l’insegnamento dopo un’esperienza pluriennale in un altro settore e tutta la famiglia si è schierata dalla sua parte, perché ogni desiderio legittimo e non ce n’è uno che si possa realizzare senza la collaborazione di chi ti vive intorno. Quando ho conosciuto Daria sono rimasta molto colpita dalla serenità con cui affronta un andirivieni che è fatto di code per il check-in, attese in piedi, vento, pioggia e sole, decolli, atterraggi e inevitabili percorsi in auto. Mi ha spiegato di aver preparato la propria trasferta in modo da avere una base confortevole all’arrivo e un’adeguata organizzazione a casa, anzi presto il bambino avrà pure un nido poco distante dal luogo di lavoro. È certo che non le fanno difetto la capacità di programmare e gestire e nemmeno le energie, tanto meno la determinazione e ancora meno gli affetti attorno.
Mi viene solo un dubbio: il gioco vale la candela? La scuola è un luogo bellissimo in cui stare, ma è risaputo che non sia il posto di lavoro più gratificante, più socialmente riconosciuto o meglio pagato (chi sta per puntare il dito sulle vacanze e agli orari in aula è pregato di accomodarsi per provare il brivido dell’insieme).
Daria e le sue scelte però lo spiegano bene: a stabilire il più o meno felice risultato di una scelta non è quanto denaro ne ricavi o di quanta comodità puoi godere, bensì quanto ti piace quello che stai facendo. Trovo pure che Daria e la sua famiglia siano la dimostrazione che i bambini non sono un esclusivo affare della madre, ma crescono grazie alla dedizione di chi li circonda, all’amore di chi li accudisce e ancora meglio se gli adulti della loro famiglia sono persone appagate, capaci di dimostrare con i fatti come ciascuno sia artefice e responsabile del proprio presente prima ancora che del proprio futuro. Daria alimenta un solido ottimismo e ai suoi bambini più grandi sono già saliti per qualche fine settimana: hanno fatto i turisti, sono stati nei parchi tematici della zona e hanno visitato il lago e le colline. La vita, alla fine, è di chi desidera viversela. Resterebbe, a margine, da discutere se non fosse possibile a monte una soluzione differente. Ma non è questa la sede.
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