Donald Trump e Vladimir Putin, l’onnipotenza come dote congenita

Egidio Bonomi
Il duo americano-russo è intento a scolpire un nuovo ordine del mondo, non importa sulla pelle di chi. Entrambi sono ora saldamente combacianti nell’ultima strategia politica: incolpare Zelensky
Donald Trump e Vladimir Putin - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Donald Trump e Vladimir Putin - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
AA

Tramp…olino, Tramp…busto, (S)Tramp…alato… un cognome che si presta a più giochi di parole, solo che si tratta dell’uomo più potente della Terra al quale non dovrebbero toccare bizzarrie, colpi di testa (occhio a scompaginare l’architettonica acconciatura) vìrate e dietro-front politici. Invece, il nostro Donald, cento le fa (con tanto di firma a doppio campanile) e duecento le… farebbe. Così disorienta… dall’oriente all’occidente, pizzicando un sospetto all’acido cloridrico: e se ci stesse prendendo tutti per il naso lui… compreso? Ma ecco l’insospettato (fino a poco fa) asse Trump-Putin intento a scolpire un nuovo ordine del mondo, non importa sulla pelle di chi. Un duo che ritiene l’onnipotenza una dote congenita: Donald vuole allungare le unghie sulla Groenlandia, dopo essersi informato dove si trova, anela a tuffarsi nel Canale di Panama e a fluttuare nell’(in)Golfo del Messico, non senza averlo mutato in Golfo d’America.

Non sazio, vorrebbe sorbire un caffè a Ottawa, trascorrere un week-end a Montreal e pavoneggiarsi a Vancouver. Il suo amico, compagno Vladimir, è più spiccio: invade i territori altrui, fa ammazzare qualche centinaio di migliaio di ragazzi, civili, donne, bambini, in attesa, magari, di ripetere l’azione, tipicamente gengiscana, dalle parti del Baltico o da qualche altro angolo caucasico se mai gliene sfrigola il vezzo. Ed eccoli saldamente combacianti nell’ultima trovata di alta strategia politica: la colpa della guerra è tutta di Zelensky, tra l’altro un comico che non fa ridere, al contrario di Donald anche quando non è in vena. È proprio vero, non s’inventa nulla: avete presente il favolista classico Fedro e la storia del lupo e dell’agnello? Il lupo voleva mangiarselo (e intuisco il ringhio putiniano) perché aveva sparlato di lui due anni prima, però l’agnello controbelava: «Natus non eram…», non ero ancora NATO, ma la malalingua era quella del montone-padre e così l’agnello si fa boccone dovuto. Che dire? Il momento è gravido di cognite… incognite. Donald, come predica, vuole fare grande l’America e l’Europa, senza escludere la Russia, ma (non solo) io, mi sento ancora più piccolo, microbico, quanto il duo trumputiano onnipotente.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato

Icona Newsletter

@News in 5 minuti

A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.