Crisi dei partiti tradizionali in Inghilterra: il Reform Party cresce

Le elezioni locali tenutesi il 1 maggio hanno visto il partito di Nigel Farage ottenere il 31% dei voti e la maggioranza in 10 aree, strappando Doncaster ai laburisti e otto Consigli di contea ai Tory
Nigel Farage ha ottenuto un consenso oltre le previsioni - Ansa © www.giornaledibrescia.it
Nigel Farage ha ottenuto un consenso oltre le previsioni - Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Negli ultimi anni si è assistito, è comune sentire, a mutamenti significativi del panorama politico di tutta Europa, Italia compresa. L’Inghilterra non è da meno. Le elezioni locali tenutesi il 1 maggio hanno visto il Reform Uk Party di Nigel Farage ottenere il 31% dei voti e la maggioranza in 10 aree, strappando Doncaster ai laburisti e otto Consigli di contea ai Tory. L’altro partito vincitore della contesa parziale è stato il Liberal-Democrats Party di Ed Davey che ha preso il controllo di tre contee, guadagnando posizioni altrove.

Per contro il Labour Party del Primo Ministro Keir Starmer e il Conservative Party di Kemi Badenoch hanno perso i due terzi dei loro seggi, il peggior risultato elettorale mai registrato in un’elezione locale, con i Tory che hanno perso il controllo di tutti i 15 Consigli che detenevano prima delle elezioni parziali.

Di fatto, ciò sembra indicare che in Inghilterra vi siano oggi quattro partiti in competizione tra loro; solo il Reform Party di Farage è, però, una novità, essendo nato nel 2018. Ciò significa che la frammentazione nella politica britannica, già diffusa, è molto ampliata dal disincanto riguardo le opzioni a disposizione. Già le elezioni politiche del luglio 2024 avevano segnalato la quota di voti bipartitica più bassa da decenni a questa parte, dato che in tutti i seggi vi erano almeno cinque candidati diversi. Di ciò se ne erano avvantaggiati i laburisti, che avevano vinto con il 34% dei voti, quando, in circostanze normali, avrebbero avuto bisogno di una quota molto maggiore.

Tra i partiti tradizionali, chi ha subito le perdite più disastrose in termini assoluti, come accennato, sono stati i Tory, per quanto anche i Laburisti devono registrare un risultato negativo rispetto alla situazione di partenza. L’elettorato inglese ha avuto di recente due governi impopolari, uno uscito di scena da poco e uno per il quale un’ampia parte non ha votato meno di un anno fa. Svincolati da vecchi vincoli di classe o di partito, gli elettori sono disposti a provare altri partiti: il Liberal-Democratic Party, che ha aumentato i consensi dal 2021; il Green Party, che ha ottenuto guadagni significativi partendo da una posizione di partenza bassa; e, appunto il Reform Party.

Nel Regno Unito la strana contesa tra Starmer e Farage

La crisi dei partiti tradizionali in Inghilterra è di lunga data. I conservatori sono accusati di non aver saputo gestire la Brexit e i suoi effetti sull’economia, dopo averla, in fondo, favorita con il referendum del 2016. Dopo i risultati disastrosi del 2024 il loro nuovo leader, Badenoch, ha istintivamente inseguito l’agenda del Reform Party, perdendo consensi a favore di quest’ultimo ma anche dei Lib-Dem. I laburisti, che pure hanno ottenuto consensi per la loro politica estera in Europa e verso la Russia, hanno forse pagato i loro progetti di rinazionalizzazione dei servizi ferroviari passeggeri, che dovrebbe iniziare a maggio partendo dalla South Western Railways, con l’obiettivo di creare un sistema ferroviario unificato, il Great British Railways, tra la fine del 2026 e gli inizi del 2027. Si tratta di un progetto ambizioso, molto costoso, ma che, soprattutto, si configura come un passo indietro rispetto alle politiche liberiste dei decenni passati, tutto sommato gradite dall’elettorato nazionale. Va anche notato come lo stesso Reform Party mostri delle fratture al suo interno, con alcuni suoi sostenitori che appoggiano l’approccio del Cancelliere dello Scacchiere, Liz Truss, all’economia, all’assistenza sanitaria privata e al ritiro delle politiche green, mentre altri sono a favore della proprietà pubblica dell’industria, di una maggiore spesa sanitaria e dell’intervento economico pubblico in ambito locale.

Va sottolineato, infine, che queste vicende riguardano l’Inghilterra e non le altre nazioni del Regno Unito: Scozia, Galles e Nord Irlanda, dove le dinamiche politiche sono diverse, benché analogamente complesse. Segno che il paese in sé sta vivendo una fase di transizione difficile, forse non tale da porne in discussione la sopravvivenza, ma bastevole a indurre il suo ceto dirigente a ponderare a lungo le future mosse politiche.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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