I conti economici del calcio sono in fuorigioco

L’amore per il calcio è smisurato, ma sovente tanto amore impedisce di vedere palesi contraddizioni, storture e ingiustizie che vengono consumate all’interno di quel mondo. Vorrei spiegarmi con un caso a mio avviso eclatante: scorrendo le classifiche dei primi quattro campionati nazionali balza all’occhio la penalizzazione di 4 punti del Cosenza in serie B, e ancora di 4 punti del Taranto, di 3 punti della Spal, di 1 punto di Triestina, Catania e Turris in serie C, fino ad arrivare addirittura ai 12 punti del Brindisi in serie D, tutte per irregolarità fiscali-contributive, sanzioni comminate per evitare distorsioni dei campionati: il cosiddetto «doping amministrativo» con il quale i club si assicurano le prestazioni dei giocatori migliori, strappandoli a suon di euro alla concorrenza, per poi non pagare le ritenute e i contributi sugli stipendi della squadra.
I casi Samp e Genoa
Fin qui tutto corretto, ma occorre ricordare che la Sampdoria nel settembre 2023 ha concluso una ristrutturazione del debito (una particolare procedura sotto sorveglianza del Tribunale per salvare imprese in difficoltà che consente di ridurre i debiti ed evitare il fallimento), attraverso la quale i blucerchiati hanno concordato con l’Agenzia delle Entrate una falcidia (riduzione) del 65% del debito, sceso da 50 a 17 milioni di euro. Un vantaggio di ben 32 milioni, con i quali si potrebbe allestire una intera squadra di serie B. E la Federazione? Niente di niente, nessun provvedimento, con l’assurdo che chi non versa una mensilità di imposte si becca un punto di penalizzazione e chi non paga 32 milioni di euro, in quanto formalmente a posto, la passa liscia.
Non c’è dubbio che se una società non paga 32 milioni di euro al fisco per comprare giocatori, i campionati precedenti siano stati falsati. Si dirà che la Samp è comunque retrocessa in B due anni fa, ma allora se guardiamo l’altra sponda genovese abbiamo tutto più chiaro: questo particolare derby viene largamente vinto dal Genoa, tuttora in serie A, che nel mese successivo (ottobre 2023) con la stessa procedura è passato da un debito fiscale di 106 milioni di euro a 37,2 milioni, con un vantaggio di 68,8 milioni, con i quali si allestirebbe una squadra di serie A. Anche qui la Federazione non ha fatto nulla per salvaguardare la regolarità del campionato, mentre qualcuno che ha gestito correttamente il club è retrocesso, perché, pagando le imposte, non poteva permettersi una squadra migliore.
Facile aggirare le regole
Intendiamoci, non è in discussione la bontà delle norme del Codice della crisi d’impresa (assolutamente condivisibili), ma voglio evidenziare che la Federazione sostanzialmente non applica in tali casi nessuna sanzione sportiva (ad esempio 1 punto di penalizzazione ogni 10% di riduzione del debito) a chi ha mal gestito, creando un danno alle altre squadre; ma quel che è peggio è che questo atteggiamento rende facilmente aggirabili le sacrosante regole del doping amministrativo. È indiscutibile che questi casi abbiano falsato i campionati degli ultimi anni, ma nessuno ne parla, perché? Troppo pericoloso? Oppure molti club stanno attivando la medesima procedura per salvare la società da debiti fiscali e contributivi, mantenendosi immacolati nel campionato di appartenenza? Sarebbe un disastro per la regolarità sportiva dei campionati e anche per le casse dello Stato.
Probabilmente ai piani alti della Figc interessa soltanto che il gioco continui a qualsiasi costo, senza rendersi conto che il pallone che tanto amiamo è destinato a scoppiare.
Daniele Molgora - Commercialista, già sottosegretario per l’Economia e le Finanze
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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