Consiglio europeo, sicurezza e difesa le priorità di Donald Tusk

Inizia il nuovo semestre di presidenza del Consiglio Ue: per il leader polacco solo agendo in maniera compatta l’Europa potrà «continuare a essere il posto più sicuro e stabile sulla Terra»
Il premier polacco Donald Tusk - Foto Epa/Radek Pietruszka © www.giornaledibrescia.it
Il premier polacco Donald Tusk - Foto Epa/Radek Pietruszka © www.giornaledibrescia.it
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«Security, Europe!». Basta il motto adottato dalla presidenza semestrale polacca del Consiglio dell’Ue per indicare il nodo cruciale attorno al quale il governo di Donald Tusk intende concentrare i propri sforzi per dotare l’Europa di una politica della difesa per far fronte alle sfide geopolitiche in atto. Tusk l’ha definita «innovativa», assumendo, per sé e per il proprio governo il compito, per nulla facile, di generare nei Ventisette la convinzione di come solo attuando insieme l’Europa potrà «continuare a essere il posto più sicuro e stabile sulla Terra».

Questa sicurezza, ha precisato, inizia a casa per ogni cittadino europeo, per poi estendersi fino ai confini esterni dell’Ue. La questione sicurezza non si esaurisce, dunque, con il conflitto in Ucraina, ma chiede anche di contrastare la «strumentalizzazione dell’immigrazione». Vi è bisogno di guardare in modo nuovo al rafforzamento delle capacità difensive dell’Europa, come garanzia di indipendenza energetica e alimentare, nonché come fattore di competitività. «Innovativo» dovrà essere anche il modo con cui finanziare le maggiori spese militari, chiaro riferimento allo strumento degli eurobond.

A questi concetti hanno fatto eco le parole del presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, intervenuto all’inaugurazione della presidenza polacca. Ha parlato di visione condivisa dell’Europa, si è riferito alla Polonia come a «un pilastro della difesa europea, perché all’avanguardia nelle capacità di difesa dell’Europa, capacità da sviluppare per proteggere i nostri paesi, le nostre società, i nostri valori».

L’enfasi posta da Tusk sulla difesa è anche il riflesso di interessi interni, come ora diremo, ma questi, oltre a contemperarsi con quelli europei, se adeguatamente sviluppati contribuiranno non solo a rendere l’Europa più forte internamente, ma anche a rafforzarne la credibilità esterna, di fronte alle grandi potenze, inclusa quella americana, dove l’entrante amministrazione Trump è pronta a presentare il conto. La Polonia per il suo passato (giogo sovietico) e per la sua posizione geografica (confini con Russia-Kaliningrad e Bielorussia, oltreché Ucraina), ha una particolare sensibilità e timore per le mire imperialistiche di Putin. Non ha aspettato la guerra in Ucraina per rafforzare la propria difesa. Tusk, già dai suoi primi governi (2007-2014), aveva avviato vasti programmi di modernizzazione dell’esercito.

Giunto al potere il partito sovranista Diritto e Giustizia (PiS) di Jaroslaw Kaczynski, questi programmi erano stati prima sospesi, ma poi riavviati dopo il 24 febbraio 2022. In questi ultimi anni le spese per la difesa non hanno cessato di crescere e nel 2025 raggiungeranno il 4,5 per cento del Pil, pesando per un 20 per cento nel bilancio pubblico. Sono state rafforzate le strutture difensive lungo i 700 chilometri dei confini russo-bielorussi, non solo per fini militari, ma anche per contrastare, appunto, l’uso strumentale delle migrazioni via Bielorussia, chiaro tentativo di Putin e Lukashenko e di sviare l’impegno polacco sull’Ucraina attraverso i flussi di essere umani.

Il secondo motivo di carattere interno sono le elezioni presidenziali del prossimo mese di maggio. Tusk deve aggiudicarsele. Altrimenti la coabitazione con un presidente espressione del PiS renderebbe molto problematico il suo governare, come del resto accade oggi con la presidenza di Andrej Duda, in quanto il presidente ha un potere di veto. Certo Tusk userà la presidenza del Consiglio Ue a fini elettorali, ma la vittoria del suo candidato darà più stabilità ed efficacia al suo governo. La Polonia sta tornando a dare un fattivo contributo all’Europa nel momento di scelte non facili, ma neppure aggirabili. L’altro Donald potrebbe indicarcela come esempio, cerchiamo di prevenirlo, assumendoci le nostre responsabilità, e non facendo chi cerca di passare dall’ombrello americano a quello polacco.

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