Banche forti anche senza Bankitalia

Il dibattito sulla chiusura della filiale bresciana di Banca d’Italia si è per lo più sviluppato in reazioni per quella che è sembrata una mortificazione del protagonismo economico imprenditoriale della nostra provincia. Può venir proposta una valutazione più ampia. È dato condiviso quello del ruolo fondamentale che Banca d’Italia continua a svolgere a livello nazionale.
Dal 2014, con l’Unione Bancaria Europea, la responsabilità della vigilanza sui gruppi bancari dell’area euro oltre certe dimensioni è della Bce; la supervisione continua a essere svolta a livello nazionale. Tale cambiamento, oltre a ottimizzare funzioni grazie all’avanzamento tecnologico, fu all’origine della riorganizzazione della rete di filiali attivata anni fa.
Col rischio di schematizzare, all’epoca le principali aree di competenza della «nostra» filiale erano tre: gestione e controllo della moneta; ufficio studi; vigilanza su banche locali. La prima venne concentrata a Bergamo, mentre Banca d’Italia decise di mantenere a Brescia la seconda e soprattutto la terza, in quanto numerosità e vitalità delle banche presenti sul territorio giustificavano tale decisione.
L’evoluzione

Ormai la funzione sul contante non può che rimanere nella città orobica. Quanto all’ufficio studi, attività svolta da Banca d’Italia con competenze elevate e ricchezza di dati, non dubito che la Direzione di Sede di Milano avrà cura di mantenere la relazione col nostro territorio, riconosciuto per tutte le sue eccellenze.
Riflessioni più articolate merita la funzione di vigilanza delle banche locali. La nostra provincia diede il suo contributo (anche sofferto) al fenomeno di concentrazione dell’industria bancaria con l’integrazione di Ubi in Intesa SanPaolo.
Oggi, oltre ad alcune significative banche locali, Brescia si caratterizza per la presenza e il ruolo (crescente) delle sette banche di credito cooperativo con 55mila soci e 250mila clienti, 217 sportelli in 135 Comuni (in 39 come unica banca) e quote di mercato del 17,2% per i crediti al settore del commercio, 17,5% alle costruzioni, 17,6% ad attività professionali, 26,7% al turismo, 27,2% all’agricoltura.
L’autoriforma del 2016 ha visto l’adesione obbligatoria a uno dei due Gruppi Bancari Cooperativi da parte delle Bcc, che rimangono di proprietà dei soci, titolari della specifica licenza bancaria ed esclusive azioniste del Gruppo cui aderiscono. Considerate le dimensioni, entrambi i Gruppi sono sottoposti alla vigilanza diretta della Bce, in luogo del precedente rapporto fra Bcc e Banca d'Italia. Le realtà vigilate a livello locale si sono così di molto ridotte. Nel nostro territorio l’azione è svolta dalla Filiale di Brescia ma la responsabilità fa già capo a Milano.
Biodiversità bancaria
«In molti Paesi le banche stanno espandendo i canali digitali e parallelamente riducendo il numero degli sportelli fisici. La minore capillarità della rete bancaria può ricreare anche solo temporaneamente barriere all’utilizzo dei servizi finanziari che in passato erano state superate». Così il Governatore di Banca d’Italia, Fabio Panetta, alla presentazione del libro in cui la rettrice della Cattolica di Milano, Elena Beccalli, ha sottolineato il ruolo delle Bcc nel «mitigare questi rischi, in virtù del loro radicamento territoriale e della prossimità ai clienti a contatto con dei soggetti vulnerabili che faticano a adattarsi al nuovo mondo digitale come le pmi o le persone più anziane».
Si tende a porre l’attenzione alla componente del sistema economico e finanziario di maggiori dimensioni e peso mediatico. Ancor di più nel comparto del credito: alla prima stagione di concentrazioni sta seguendo una seconda, senza che il dibattito tenga conto di altre realtà importanti, di dimensioni inferiori, che con sforzo quotidiano innervano i sistemi economici territoriali, anche i più periferici. Forse non si è ancora compreso il vero valore della «biodiversità bancaria» che, come quella imprenditoriale, può garantire agli attori economici e sociali una pluralità di approcci, una maggior concorrenza «del» e «nel» mercato, la salvaguardia dall’omologazione e dal pensiero unico.
Il dibattito sulla filiale perduta non deve farci correre il rischio di distrarre l’attenzione dalla luna, per concentrarci sul dito che la indica. Le banche «di comunità» insieme a quelle «grandi» possono operare per dare risposte adeguate a tutte le esigenze, moderne o più tradizionali, di una provincia sempre più «glocale», in una concorrenza nella quale ognuno fa ciò che sa fare meglio, a tutto vantaggio del cliente. Il ruolo della Banca d’Italia sarà ancora prezioso, coniugando esigenze di razionalizzazione e sensibilità al locale.
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