Congiura del silenzio e gruppi di parola: l’importanza di ascoltare i figli

La «congiura del silenzio». Si potrebbe chiamare così quella modalità, protettiva ed evitante, con la quale noi genitori, spesso, rimuoviamo le realtà difficili e complicate dal dialogo per proteggere i figli.
Ci raccontiamo che non vedano, non sappiano, non capiscano perché, diciamocelo, così è più facile nascondere il fatto che, a volte, ci aggiriamo senza bussola lungo gli impervi sentieri della vita. Quando la coppia si separa, la «congiura del silenzio» diventa la modalità operativa più frequente e naturale.
Il senso di colpa per il fallimento del progetto anestetizza. Il malessere interiore da gestire durante lo strappo toglie le forze per affrontare anche il dolore dei figli che vedono, osservano, pensano ed elaborano in silenzio, impauriti. I più lamentano di non essere ascoltati, interpellati, coinvolti. Quelli più piccoli vogliono capire, soprattutto perché l'amore finisce. Quelli più grandi vorrebbero dire la loro in merito a decisioni che coinvolgono le loro vite.
Queste voci soffocate trovano spesso sfogo nell’assunzione di ruoli malsani: il figlio messaggero, il figlio fuggitivo, il giudice, il riconciliatore, il paciere, l’alleato, il capro espiatorio, il confidente, il partner sostitutivo, il genitore sostitutivo, il decisore, il luttuoso.
Il diritto del minore ad essere ascoltato nei procedimenti che lo riguardano è normato ormai in modo importante, sia nel diritto sovranazionale che in quello interno, ma resta un momento eccezionale, che richiede estrema delicatezza ed attenzione.
Per fortuna, come spesso accade, le soluzioni migliori vengono dalla pratica ed è così che nel 1991 Lorraine Fillion, illuminata mediatrice familiare canadese (paese dove la mediazione familiare è offerta gratuitamente dal servizio Pubblico con 2 incontri informativi e 5 di pratica), fonda i primi Groupes de Paroles.
Un percorso, un metodo dove, in un tempo circoscritto, bambini e adolescenti figli di famiglie in transizione, aiutati da operatori formati e preparati, si ritrovano per dar voce alle emozioni sommerse confrontandosi fra pari, per placare angoscia e solitudine naturali al cospetto di un evento trasformativo più grande di loro.
«Il Gruppo di Parola ha il compito di sciogliere, in un dialogo condiviso, il grumo di sofferenza opaca ed inelaborata che opprime i bambini quando genitori si separano». (Silvia Vegetti Finzi). Consta di soli 4 incontri settimanali (i cd. «quattro passi») della durata di due ore ciascuno, divisi in momenti precisi, durante i quali i ragazzi praticano l’ascolto attivo, l’empatia e danno sfogo alla creatività. Il tutto sotto il cappello della riservatezza. I gruppi sono suddivisi per fasce di età.
Nell’ultimo incontro ricompaiono i genitori, ai quali viene consegnata una lettera, un messaggio corale, una dedica, un mettere in parola le emozioni emerse e riordinate durante gli incontri. Missiva alla quale i genitori, anche loro in gruppo, danno risposta.
Un momento toccante. Non si va oltre i 4 passi per non creare dipendenza o stigma, ma accade spesso che ragazzi più grandi si ritrovino e diventino amici. È il miracolo della mente collettiva.
La separazione in sé non è un problema, è un diritto. Come la si affronta insieme ai figli diventa una responsabilità. Perché un amore finisca è una domanda con infinite risposte. Proviamo a darle ai nostri figli, per capirlo meglio noi stessi, ascoltando anche cosa hanno da dirci per aiutarci a crescere come genitori.
Per trovare il gruppo di parola più vicino, consultare il pdf sul sito dell’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza (AGIA).
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
@News in 5 minuti
A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.
