Bolivia, la vittoria di Paz e il sogno di una rinascita

Con la vittoria di Rodrigo Paz Pereira alle elezioni presidenziali del 20 ottobre 2025, la Bolivia apre un nuovo capitolo della propria storia politica. Con il 54,5% dei voti al ballottaggio, il candidato del Partito Democratico Cristiano (Pdc) ha sconfitto l’ex presidente conservatore Jorge «Tuto» Quiroga, fermo al 45,5%. Il risultato segna la fine di 20 anni di dominio del Movimento al socialismo (Mas), la forza fondata da Evo Morales, e inaugura una stagione che, nelle parole di Paz, punta a «riconciliarci con il mondo».
La storia
Economista di 58 anni, cattolico, figlio dell’ex presidente Jaime Paz Zamora, Rodrigo Paz è considerato un centrista pragmatico, capace di unire settori di classe media e popolare delusi dal Mas e desiderosi di stabilità dopo anni di crisi. Ma non si può parlare propriamente di una «svolta a destra»: in Bolivia il voto risponde più a logiche di classe sociale, etniche e regionali che ideologiche. Lo dimostra il fatto che lo stesso Quiroga, oggi rivale sconfitto, si era già candidato due volte per il Pdc, che ora riporta Paz alla presidenza.
Nuestro objetivo es que #Bolivia vuelva a entablar relaciones con otros países, se abra al mundo del sistema financiero y cuente con seguridad jurídica. pic.twitter.com/xq9z8kkkBj
— Rodrigo Paz Pereira (@Rodrigo_PazP) October 21, 2025
Dal 2005, con Morales, la Bolivia aveva adottato un modello statalista e redistributivo che ha favorito crescita e inclusione, in particolare delle 36 comunità indigene (circa il 42% della popolazione) fino ad allora escluse dal potere. Quelle riforme hanno anche promosso la partecipazione femminile: oggi la Bolivia è il secondo Paese al mondo per numero di donne in Parlamento.
Vent’anni dopo
Ricordo bene quell’epoca: vent’anni fa, da deputata europea, ebbi l’onore di guidare la prima missione di osservazione elettorale dell’Unione Europea in Bolivia, in occasione dell’elezione dell’Assemblea costituente, poi presieduta da una donna indigena, Silvia Lazarte. Fu un momento straordinario, in cui rappresentanti indigeni giungevano a Sucre dopo lunghi viaggi, portando con sé i colori e le lingue delle loro comunità, e dando vita a un processo che cambiò profondamente il Paese.

Diciannove anni dopo, sono tornata in Bolivia come presidente dell’European centre for electoral support (Eces), che gestisce «Pro-Bolivia», un progetto finanziato dall’Unione Europea per rafforzare le istituzioni elettorali, la trasparenza e la fiducia dei cittadini nella democrazia dopo le tensioni del 2019. È stato emozionante assistere a elezioni calme e ordinate, con una forte presenza femminile nei seggi e un’ottima organizzazione garantita dal Tribunale supremo elettorale e dal Serepre. Il contributo tecnico di Eces che ha fortemente sostenuto anche la rete nazionale Observa Bolivia e la Coordinadora de la Mujer, è stato ampiamente riconosciuto e apprezzato.
La situazione del Paese
Ma la Bolivia che esce dalle urne resta un Paese attraversato da gravi difficoltà economiche e sociali. La storica frattura tra Occidente, a maggioranza indigena e più povero, e Oriente, più ricco e urbanizzato, si è acuita anche a causa di una drammatica carenza di carburante che da mesi paralizza il Paese. A Santa Cruz, La Paz e Cochabamba si vedono quotidianamente file di chilometri davanti alle stazioni di servizio: automobilisti e camionisti attendono ore o giorni per rifornirsi.
A partir del 8 de noviembre garantizamos la provisión de gasolina y diésel. Empresas americanas internacionales con logística en Brasil, Paraguay y Argentina, entrarán a #Bolivia a entregar los combustibles que requiere nuestro país. pic.twitter.com/0Gu0Qi4FGB
— Rodrigo Paz Pereira (@Rodrigo_PazP) October 15, 2025
Le cause sono numerose: il crollo delle esportazioni di gas naturale, la mancanza di valuta estera per le importazioni di carburante e la crescente inefficienza della compagnia statale Ypfb. I settori produttivi – agricoltura e trasporti in testa – sono allo stremo e la scarsità di combustibile ha fatto impennare i prezzi dei beni alimentari, alimentando il malcontento.
Il governo uscente di Luis Arce ha tentato di reagire con misure d’emergenza, come l’autorizzazione temporanea alle importazioni private, ma senza risultati duraturi. A questa crisi si è aggiunta la profonda frattura interna al Mas, segnata dallo scontro tra Morales e Arce e da accuse gravi di pedofilia all’ex presidente, che non accetta di essere estromesso dal potere ed è autoconfinato nella sua regione, il Chapare, anche perché sa che se ne dovesse uscire sarebbe arrestato.
Gli impegni di Paz
Al primo turno di agosto il Mas ha ottenuto appena il 3% dei voti, mentre il 20% di schede nulle, incoraggiato da Morales, mostra un seguito per lui minoritario ma reale. In questo quadro, Paz promette un modello di «capitalismo per tutti», un’economia aperta agli investimenti privati e stranieri ma attenta ai più vulnerabili. Prevede la riduzione delle imposte, l’accesso facilitato al credito, la flessibilità del cambio e una revisione dei sussidi ai carburanti, che costano al Paese circa due miliardi di dollari l’anno, mantenendoli solo per i più deboli.

«Il capitalismo per tutti sono soldi in tasca per la gente, stabilità per far scendere i prezzi e regole chiare per produrre e uno Stato che ti aiuta», ha detto Paz. Per ridurre il deficit, oggi vicino al 10% del Pil, intende utilizzare 3,5 miliardi di dollari in crediti multilaterali già approvati, ma non ricorrerà al Fondo Monetario Internazionale. La sua «Agenda 50/50» mira inoltre a redistribuire equamente il bilancio nazionale tra Stato e regioni e a riformare la macchina pubblica per ridurre sprechi e corruzione. Rodrigo Paz eredita un Paese in recessione, con riserve valutarie al minimo e tensioni sociali latenti. Ma la sua vittoria ha riacceso la speranza di un cambiamento. Nel suo primo discorso, ha detto: «Comincia un tempo di speranza e impegno. La Bolivia deve tornare a credere in sé stessa».
E c’è davvero da augurarsi che i boliviani e le boliviane, popolo di rara cordialità e gentilezza, possano trovare maggiore serenità e sviluppo nella scelta che hanno democraticamente fatto domenica scorsa.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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