Biden, l’epilogo inevitabile e le molte incognite

Era inevitabile e forse i democratici hanno atteso fin troppo, perdendo tempo prezioso per meglio gestire questa transizione e una campagna di cui andranno ripensati molti elementi. Con un elettorato democratico che a larga maggioranza gli chiedeva di farsi da parte, i vertici del partito che esercitavano pressioni sempre più esplicite e la strada alla conferma alla Casa Bianca che si restringeva giorno dopo giorno, per Biden non vi era davvero altra opzione. Rimangono ora molti punti interrogativi: su chi sarà il candidato o la candidata democratica; e sulle sue effettive chance di sconfiggere Trump.
Biden ha immediatamente appoggiato la sua vice Kamala Harris. Scelta non scontata e pesante, subito seguita da altri endorsement pesanti come quelli del Black Caucus, il gruppo di membri afroamericani del Congresso, e dei coniugi Clinton. Liberati dal vincolo di votare Biden, i delegati della convention che si terrà a Chicago il 19-22 agosto non sono obbligati a seguire questa indicazione, ma molti lealisti di Biden ne terranno ovviamente conto.
Non è però ancora certo né scontato che la candidata sarà Harris. La convention potrebbe incoronarla - ratificare formalmente una scelta già avvenuta, come ormai da mezzo secolo a questa parte - o essere «aperta», come da tradizione pre-anni Settanta. Potrebbe ciò essere il culmine di un dibattito tra alcuni candidati sui quali poi i delegati sono chiamati a pronunciarsi.
Entrambi i percorsi - la scelta calata dall’alto della Harris o un percorso accelerato di scelta democratica - presentano molte incognite. Il primo, che per il momento appare il più verosimile, porterebbe a candidare una figura a sua volta debole e impopolare come Harris. Il secondo rischia di lacerare e dividere ulteriormente i democratici e, in caso di sconfitta della vicepresidente in queste ipotetiche miniprimarie, alienare possibili segmenti elettorali soprattutto tra donne e minoranze. Importantissima diventerà la scelta del (o della) vice del ticket presidenziale, soprattutto nel caso in cui Harris fosse la candidata.
Si dovrà cioè cercare un qualche bilanciamento, con un occhio a quella regione - il Midwest post-industriale - che sarà decisiva in novembre e che, sondaggi alla mano, pare offrire una possibile, ultima ancora di salvataggio ai democratici. Difficile immaginare che in questo ticket non potranno trovare spazio popolari figure politiche della regione, come il governatore della Pennsylvania, Josh Shapiro o la governatrice del Michigan, Gretchen Whitmer.
Biden, infine. Che esce di scena con un comunicato sobrio e dignitoso. Che chiude il suo unico mandato presidenziale con risultati legislativi come non si vedevano da decenni. Che ha governato con straordinaria disciplina ed efficienza, come mostrano i dati impressionanti relativi alla coesione della sua amministrazione, con un turnover tra i più bassi della storia, o a quella della delegazione democratica al Congresso, capace di non perdere un singolo voto in alcuni momenti cruciali. Che ha ottenuto, al midterm 2022, un risultato eccellente e insperato. E che forse qualche mese più tardi, più o meno un anno fa, avrebbe dovuto trovare il coraggio di scrivere le parole che ha scritto ieri.
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