Aveva ragione Prodi: il centrosinistra vince solo se è unito

La doppia vittoria in Emilia Romagna e Umbria lo dimostra: quando è compatto ha le carte per sconfiggere il centrodestra
Romano Prodi col neo eletto De Pascale a Bologna - Foto Ansa/Max Cavallari © www.giornaledibrescia.it
Romano Prodi col neo eletto De Pascale a Bologna - Foto Ansa/Max Cavallari © www.giornaledibrescia.it
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Quanto è accaduto in Emilia Romagna, ma anche in Umbria, dimostra una verità lapalissiana che Romano Prodi ha sempre predicato, spesso inascoltato: il centrosinistra si afferma e vince solo se riesce nella ciclopica impresa di mettere insieme le sue tante (e litigiose) anime. Quanto a governare, è altro discorso, anche se bisognerebbe distinguere tra l’esperienza nazionale e quelle locali e regionali, a tutto vantaggio di queste ultime. Sta di fatto che se il centrosinistra è sia centro che sinistra, sia sinistra radicale che sinistra riformista, sia laici che cattolici, che ex grillini ed ex comunisti o democristiani o altro ancora, ha le carte per sconfiggere il centrodestra. La cui forza sta proprio nella compattezza: può anche litigare su mille questioni, può dividersi su leadership e quote elettorali, ma quando si tratta di affrontare le elezioni è capace di chiudersi a testuggine come una centuria romana e avanzare sotto le frecce nemiche.

L’esempio recente della Liguria da questo punto di vista è chiarissimo: dopo la vicenda giudiziaria della Giunta Toti tutti prevedevano che il centrodestra avrebbe perso una Regione ex «rossa» che pure aveva conquistato nove anni fa e governato anche con successo, basti pensare alla ricostruzione in tempi record del Ponte Morandi. E invece il candidato di Meloni (soprattutto) e dei suoi alleati, Marco Bucci, ha sconfitto l’avversario Andrea Orlando vittima ancora una volta di fuoco amico, di liti sulle alleanze, di veti contrapposti e reciproci. Ancora una volta, proprio come nove anni fa, la sinistra in Liguria si è presentata divisa, e ha perso. In Umbria e in Emilia Romagna era unita e ha vinto sia a Bologna che a Perugia.

Il successo di De Pascale, sindaco di Ravenna, apparso subito netto, poteva essere considerato scontato data la tradizionale caratteristica politica della regione, ma forse non era tale dal momento che un territorio che subisce tanti e tali schiaffi (alluvioni e frane) in così poco tempo può reagire politicamente nei modi più disparati. E invece è tornata a dare fiducia a chi la governa da sempre.

Più complesso il discorso dell’Umbria dove non a caso si è vista una gara testa a testa, alla ricerca dell’ultimo voto. Si ricorderà che l’Umbria, prima dell’avvento di Donatella Tesei, era una munitissima roccaforte «rossa», e tuttavia era stata scossa da scandali a ripetizione proprio a livello regionale: questo probabilmente era stato il motivo della sconfitta e della prevalenza del centrodestra (che peraltro si era già affermato a livello comunale). Ora il centrosinistra è tornato a dare l’assalto alla cittadella perduta ed è riuscito a riconquistarla.

Cosa significa tutto questo? Che i vari esponenti di centro e di sinistra (guai a parlare di «campo largo», termine ormai archiviato) a cominciare da Giuseppe Conte, chiamato a prendere una decisione definitiva, devono continuare a provare a costruire una vera e propria coalizione. Per usare parole di Elly Schlein, si devono convincere ad essere «testardamente unitari», linea che peraltro paga se consideriamo che il Pd in Umbria e in Emilia Romagna risulta il primo partito. Una lezione politica molto chiara su cui riflettere e che avrà riflessi anche sul centrodestra chiamato ad un serrate le fila senza cedere alla tentazione di dormire sugli allori.

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