De Gasperi, politico che gettò ponti tra identità, idee, visioni

In un articolo pubblicato sulla Voce del Popolo, Marco Follini scrive che Alcide De Gasperi «fu un uomo grigio, volutamente grigio»: una figura discreta, per quanto capace di imprimere il sigillo della sua visione politica. È un complimento, si capisce. Il richiamo al grigio fa tornare alla mente un libro di Peter Sloterdijk, il filosofo contemporaneo che ci ricorda come il grigio sia il colore della mediazione, del risultato duraturo nel mondo degli estremi in lotta. Per quanto il grigio possa rimandare alla nebbia, alla burocrazia, alla piatta quotidianità, se non addirittura alla zona grigia e all'eminenza grigia, rimane vero che il grigio è un tono che nasce dall’incontro o dallo scontro di poli opposti. È un colore molto... politico. E diventa il tono di uno spazio aperto, tollerante, moderato e misurato.
I partiti hanno colori diversi e alcuni molto accesi: ma la democrazia – e soprattutto le sue istituzioni e i suoi luoghi deliberativi – sono il posto dove il pensiero è calibrato, combinato, capace di una sintesi dai toni inclusivi. In fondo, De Gasperi fu esattamente così: un uomo politico di intelligente mediazione, un uomo delle istituzioni, perché le istituzioni sono il luogo del rispetto delle idee e dei diversi toni, perché corrispondono al rispetto di ogni eletto e di ogni elettore. Dunque la «grigità», con le sue varie combinazioni cromatiche, è la metafora della mediazione e della capacità di tenere insieme colori diversi. Bene.
È questa una interpretazione realistica e possibile della biografia degasperiana. Ma a noi, oggi, piacerebbe sceglierne un’altra. De Gasperi fu un politico «tra». De Gasperi gestì la transizione dalla monarchia alla Repubblica: fu l’ultimo Presidente del Consiglio di ministri del Regno d'Italia e il primo dell'Italia repubblicana. De Gasperi gestì la transizione dal governo affidato a tutte le principali forze del Cln a quello parlamentare basato sulle forze elettorali. De Gasperi visse anche la sua biografia politica «tra». Fu parlamentare austriaco e fu parlamentare italiano, vivendo sulla sua pelle il passaggio della Prima guerra mondiale, dove le due potenze si scontrarono in uno scenario disumano.

Fu uomo di chiesa e fu uomo di Stato, vivendo il passaggio delle elezioni al Comune di Roma mettendosi di traverso alle ipotesi vaticane («Proprio a me, un povero cattolico della Valsugana, è toccato dire di no al Papa!»). Fu uomo che contribuì alla rinascita della patria nazionale gettando però le basi per «la nostra patria Europa»: ancora oggi noi lo ricordiamo come un padre costituente dell’Unione.
Dunque, Alcide De Gasperi si pose «tra» nello sforzo di unire: forse la metafora più chiara è quella che Papa Francesco ha più volte richiamato sull’importanza di costruire ponti e non muri: costruire ciò che unisce, non ciò che divide. De Gasperi, in questo senso, fu un costruttore di ponti: di ponti utili, non di quelli inutili: quei ponti capaci di legare ciò che altrimenti rischia di confliggere, di creare fratture e contraddizioni che gravano sulle generazioni successive.

La figura di De Gasperi ogni anno che passa assume più rilievo forse perché ogni anno che passa conteggia sempre più conflitti e guerre e stragi e la politica appare a volte solo un poco più chiassosa e proclamatoria. E allora si sente il desiderio di riabilitare una politica che non esasperi i toni ma che – pur nella necessaria distinzione di idee e identità, di torti e ragioni – sappia intervenire a tempo e con senso di realtà nelle drammatiche dinamiche storiche per trovare quei passanti che danno vita alla giusta convivenza, al giusto ordine: alla giusta architettura politica.
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