Opinioni

Istituzioni e pragmatismo: la grammatica di De Gasperi

Roberto Rossini
Il ricordo dello statista democristiano a sett’anni dalla scomparsa
Alcide De Gasperi accanto a un giovane Bruno Boni in occasione della visita del 19 marzo 1948 per l’accesissima campagna elettorale di quell’anno - Foto Alberto Sorlini - Museo della Fotografia
Alcide De Gasperi accanto a un giovane Bruno Boni in occasione della visita del 19 marzo 1948 per l’accesissima campagna elettorale di quell’anno - Foto Alberto Sorlini - Museo della Fotografia
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Ogni 19 agosto si ricorda Alcide De Gasperi: quest’anno fanno settant’anni dalla scomparsa. Fare memoria dello statista democristiano non significa tanto ricordare la pur eccezionale biografia, quanto riflettere sullo stato della nostra politica, recuperando alcune linee che ci vengono dalla storia di chi – prendendo a prestito una felice espressione di Gianfranco Astori - ha scritto la grammatica della democrazia repubblicana italiana. Due mi paiono le parole essenziali da recuperare oggi.

La centralità delle istituzioni

La prima è la centralità delle istituzioni democratiche, considerate prezioso bene comune. De Gasperi ha investito più sull’azione governativa e amministrativa che sull’azione partitica. In questo senso la differenza con Giuseppe Dossetti è evidente: mentre in Dossetti il partito è il grande soggetto propulsore, in De Gasperi il partito ha una funzione più limitata al consenso, alla rielaborazione, al coinvolgimento popolare. Non è il partito che «crea» la società: il partito sta nella società, e proprio per questo motivo è interclassista. Ma non è neppure lo Stato che «crea» la società: le istituzioni democratiche semmai accompagnano, favoriscono e correggono lo sviluppo sociale attraverso lo spazio della mediazione politica. È per questa ragione che nel pensiero di De Gasperi le istituzioni democratiche sono autonome, laiche e plurali. Le istituzioni non espellono le idee differenti, perché le istituzioni sono il luogo proprio del confronto e dello scontro delle idee, del dialogo che esalta il valore della mediazione. Se si rilegge il pensiero di Papa Paolo VI, si trovano molte assonanze. Certo non stiamo parlando di una mediazione al ribasso o di un qualche scambio politico-elettorale, ma di una mediazione per il bene comune. D’altra parte è il bene comune l’autentica stella polare della politica degasperiana: una stella che parte dall’ispirazione cristiana proprio per realizzare la democrazia di tutti, non solo quella di una parte.

La prevalenza della realtà sull’idea

La seconda parola da recuperare è – per dirla con Papa Francesco – la prevalenza della realtà sull’idea. In De Gasperi non è alcuna visione ideologica, alcuna astrazione o sofisma, ma solo un costante dialogo tra idee e realtà. Mai nascondere la verità, ascoltare la realtà. I regimi che si sono posti l’obiettivo di realizzare l’idea assoluta si sono volti in assolutismo, in dittatura: nella morte delle idee. In De Gasperi invece – così come sarà poi in Moro – una sana democrazia si realizza attraverso un’instancabile opera di mediazione e di confronto tra idee e realtà. Una fatica. Non a caso Giovanni Bianchi – grande presidente delle Acli – prendeva a prestito un passaggio di Max Weber per descrivere l’opera di De Gasperi, quando in una sua famosa lezione del 1919 a Monaco il sociologo tedesco ricordava che «la politica consiste in un lento e tenace superamento di dure difficoltà da compiersi con passione e discernimento al tempo stesso. È perfettamente esatto, e confermato da tutta l’esperienza storica, che il possibile non verrebbe raggiunto se nel mondo non si ritentasse sempre l’impossibile».

Il senso del possibile

In De Gasperi cogliamo dunque il senso del possibile: la cosiddetta «scelta atlantica» – peraltro fondamentale per realizzare la democrazia e per collocare l’Italia nel novero dei Paesi liberi – è specchio del senso del reale. Ma in De Gasperi cogliamo anche il senso dell’impossibile: la «scelta europea» - compiuta di concerto col francese Schuman e il tedesco Adenauer – è specchio della ricerca di una nuova realtà: una federazione europea dove la pace, la giustizia e la reciproca collaborazione divengono il fondamento. Ancora oggi entrambe le scelte sono alla base della politica estera italiana: per questo affermiamo che De Gasperi ha scritto la grammatica della repubblica italiana. Oggi ci misuriamo con entrambe le scelte tenendo conto di un contesto non meno complesso di quello di allora: sapremo reinterpretarle facendo un passo oltre?

Roberto Rossini, presidente del Consiglio comunale di Brescia 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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