A Betlemme disperazione nella notte della speranza

«Natale senza luce» titola a piena pagina «Terrasanta magazine», la rivista della Custodia francescana. E se lo dicono i francescani, che da queste parti sono radicati da più di ottocento anni, significa che la situazione è davvero terribile. Drammatiche le condizioni di vita, ma ancor di più la mancanza di prospettive. Lo ha sottolineato più volte il Patriarca di Gerusalemme dei Latini, Pierbattista Pizzaballa, lo ribadisce il parroco di Betlemme, Rami Asakrieh: «Qui eravamo abituati ad un periodo di guerra, ma poi piano piano si tornava a vivere. Ora senza prospettive e senza lavoro, molte famiglie cristiane stanno lasciando Betlemme».
È pronto il nuovo numero della rivista "Terrasanta". Il sommario e alcuni articoli sono disponibili su https://t.co/HHZsdioxWD in versione digitale, insieme con tutte le informazioni utili per abbonarsi.
— Terrasanta.net (@Terrasanta_Net) November 15, 2024
👉 https://t.co/6BpGaEuzYq pic.twitter.com/j8aFWwZETc
È il paradosso di questo Natale 2024: disperati nella notte della speranza. Ma non è una novità. Qui i cristiani non hanno mai avuto vita facile. Poveri e perseguitati: lo scriveva già l’apostolo Paolo nelle sue lettere. Le loro tribolazioni sono rappresentate simbolicamente proprio nell’ingresso della basilica della Natività. Alto poco più d’un metro, è il più piccolo al mondo fra i portali d’una chiesa.
«Porta dell’umiltà», la chiamano i francescani, dando un’interpretazione spirituale all’inchino che si deve fare per entrare. Ma anche porta della storia: la riduzione del passaggio appare emblematica accanto ai resti del portale solenne voluto da Elena, la madre di Costantino, nel Trecento, allargato poi da Giustiniano due secoli dopo e ricostruito dai Baldovino, i re delle Crociate. L’arroccamento è stato imposto dagli eventi, nel XVI secolo, per evitare le profanazioni. Non ha mai avuto facile sorte questa basilica. Anche negli ultimi anni, dopo i magnifici lavori di restauro di mosaici, pavimenti e colonne, è rimasta deserta e senza pellegrini, prima a causa del Covid e ora per la guerra.
MEDIO ORIENTE | Il cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme dei Latini, è entrato oggi nella Striscia di Gaza. Ieri il Papa aveva lamentato che Israele non gli avesse fornito il permesso necessario. #ANSAhttps://t.co/SagS28CCnA
— Agenzia ANSA (@Agenzia_Ansa) December 22, 2024
A Betlemme, seppur sembri lontano, il conflitto ha effetti devastanti. Ha tolto ogni possibilità di lavoro. Disoccupati quelli che operavano nel turismo, qui fonte principale di entrate grazie ai pellegrinaggi. Disoccupati quelli che andavano a lavorare nelle città israeliane, ora che è impedita qualsiasi forma di mobilità. La guerra chiude tutti nei territori blindati dai muri. La gente non esce di casa, i negozi sono sprangati e gli artigiani non sanno a chi vendere i loro oggetti. Senza lavoro non restano che miseria e disperazione. Non solo a Gaza, non solo nei territori palestinesi, ma un poco ovunque in questa terra che molti considerano santa.
Piccola comunità quella cristiana, ma vivace come il lievito per le sue opere e la sua testimonianza. Sono 185mila i cristiani in Israele. Diffusi per comunità sparse: 90mila in Galilea, 22mila a Haifa, 16mila a Gerusalemme. A Betlemme nel 1950 erano l’86% della popolazione, oggi solo il 10% dei 22mila abitanti. Sono un milione i cristiani palestinesi sparsi nel mondo. Sono 161mila i cristiani con cittadinanza israeliana, meno del 2% della popolazione. Eppure hanno edificato scuole e ospedali, oratori e centri di assistenza, sono preziosi punti di riferimento ben oltre i confini delle loro minuscole presenze.
Negli ultimi tempi sono in sofferenza, particolarmente in Israele, dopo il 7 ottobre del ’23. Ma anche prima si registravano atteggiamenti ostili nei loro confronti, soprattutto tra i coloni e le frange radicali ortodosse ebree. Non facile per loro la vita neppure in Libano, dove pure hanno una presenza storica consistente. E da anni, anche in Siria è guerra.
Oggi i cristiani sembrano sollevati dal crollo del feroce regime degli Assad, ma non sono certamente tranquilli nel vedere le milizie che si atteggiano a tolleranti, quelle stesse che fino a ieri innalzavano le bandiere nere islamiste. Ad Aleppo gli insorti hanno bombardato i francescani, I jihadisti di Jolani avevano rapito le suore di Maloula.
Christmas cheer is missing in Bethlehem, the city venerated as the birthplace of Jesus. With the Gaza war grinding on, tourists do not want to come and residents want to move out https://t.co/YURfTeQo0g pic.twitter.com/KnVaCe2KOv
— Reuters (@Reuters) December 2, 2024
«Betlemme sofferente e sanguinante», ha detto Papa Francesco benedicendo un presepe scolpito da artisti palestinesi nel legno d’ulivo. Sono passati sessant’anni esatti dal viaggio epocale di Paolo VI: all’Epifania del 1964 varcava la piccola porta della basilica della Natività portando un messaggio di fratellanza. In sessant'anni la terra che si vorrebbe simbolo della pace resta una culla dove covano conflitto e odio. Se in ebraico Betlemme significa «casa del pane» e in arabo «casa della carne», sembra mantenere inciso nel suo dna la versione arcaica cananea: Betlemme «casa della battaglia».
Questo il Natale nella terra dove Gesù ha posto la sua capanna. A Gaza i morti si contano a decine di migliaia, in Cisgiordania le aggressioni non si contano neppure. I cristiani vengono identificati come palestinesi e arabi nell’esacerbarsi della violenza. La diplomazia internazionale ripete il mantra stucchevole del «due popoli, due stati», fingendo di non sapere che la soluzione diventa sempre più lontana per gli insediamenti di coloni e dei militari israeliani. Prospettive e speranze non appaiono all’orizzonte. Anche l'attesa di una tregua non illude più nessuno nel vicino Oriente.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
@News in 5 minuti
A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.
