Spolverare le giostre

Io e Gardaland siamo praticamente coetanei: io del 1973, lui del 1975. Siamo due splendidi cinquantenni che non si rassegnano, abbiamo tagliato con entusiasmo il mezzo secolo proiettati financo con gioia nei prossimi cinque decenni.
La prima volta che sono andato a Gardaland avevo sei anni, ricordo ancora l’emozione di quel giorno. Tutto appariva così incredibilmente gigantesco. Ci sono tornato nei giorni scorsi, ero con un gruppo di instancabili undicenni, per me è stata una sfida, volevo vedere fino a che punto avrei resistito. Non potevo certo sfigurare agli occhi della mia compagnia di preadolescenti. Adesso, non voglio metterla giù troppo dura, ma è indubbio che abbia tenuto botta senza cedimenti dalle otto di mattina a oltre le 20 di sera. Mi sono addormentato (alle 21) con il sorriso appagato di chi può sfoderare una forma invidiabile. Il giorno dopo al lavoro ho raccontato come sia salito anche sulle giostre più temerarie. Un mio giovane collega è scoppiato a ridere, senza il minimo rispetto: le giostre? Gli anziani le chiamano giostre, quelle sono attrazioni.
Ferito nell’orgoglio, ho finto disinteresse e sono andato a piangere in bagno. Stare al passo con il linguaggio è faticoso. I giovani usano spoilerare (dall’inglese spoiler) al posto di svelare: non spoilerare il finale di un film. La prima volta che l’ho sentito avevo capito spolverare, ho finto di aver compreso e ho cambiato discorso. Mio nonno, quando veniva deriso dai nipoti per la sua scarsa conoscenza di termini allora moderni, diceva che la vita è una ruota che gira, la vecchiaia arriva sempre per tutti. Ci aveva spoilerato il finale.
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