Sognando amarene

Quand’ero piccolo andavamo in vacanza in Val Palot. I miei genitori hanno sempre avuto una propensione all’internazionalità, anche sul fronte vacanze. Non li ringrazierò mai a sufficienza.
Adagiata in quel piccolo Eden c’era la casetta dove trascorrevano la bella stagione con zii, cugini, nonni, bisnonni e amici di passaggio. Tutti nella stessa grande camerata, un’immagine che mi riappare romanticamente in bianco e nero nella mente.
Quante risate prima di dormire. Non solo risate. Il bagno era all’esterno, sotto la grande terrazza che si affacciava sulla dolce piccola valle. Un bagno che la notte era meglio non raggiungere se non si voleva rischiare di scivolare al fondo di quella predetta dolce piccola valle.
La praticità delle generazioni passate, solidi contadini che avevano visto la guerra, faceva sì che i bisogni fisiologici notturni potessero comunque essere espletati, di questo dettaglio non conservo un ricordo romantico.
Accanto alla casetta c’erano vari alberi da frutto, tra i quali spiccava una pianta di amarene. Il sapore di quei frutti è ancora nitido. Gli adulti raccoglievano amarene e noi più piccoli le attendevamo ansiosi. Poi sono passati i decenni e non ho più mangiato amarene. Ho deciso che quest’anno metterò a dimora nel mio giardino un amareno.
Non sono un frutto per tutti, meravigliosamente amarognole non colpiscono il grande pubblico come le banali ciliegie. Gusterò amarene camminando per le vie del mio meraviglioso paese, pensando a quanti posti del mondo non ho visto. E che non vedrò mai.
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