Se telefonando ma non rispondendo

Agli inizi degli anni Novanta, con l’oratorio trascorrevamo parte dell’estate a Rino di Sonico: erano gli indimenticabili campi scuola (così si chiamavano quelle vacanze arricchite da qualche riflessione). A turni da una settimana, ci si isolava dal mondo per tuffarsi in una dimensione straordinariamente arricchente.
Eravamo ospitati in quella che in tempi remoti era la canonica del parroco della frazione, sorgeva (oggi è stata ristrutturata e modificata nell’uso) accanto alla chiesa. Un luogo molto romantico. Durante la permanenza tra i monti si poteva comunicare con la famiglia solo attraverso il telefono fisso che si trovava in cucina, si pagava in base allo scorrere del contascatti presidiato dalla cuoca Lucia. Si pagava solo in contanti. Le conversazioni erano ridotte al minimo indispensabile.
Poi sono arrivati i telefonini e siamo diventati tutti chiacchieroni, logorroici possiamo aggiungere facendo anche personale ammenda. E poi il mondo è cambiato nuovamente. Una recente ricerca del Times di Londra ha scoperto che un giovane su quattro non risponde mai al telefono, quando squilla lo ignora bellamente. Se proprio deve dare un cenno di vita ecco che invia un messaggio. E ancora: quasi il 70% delle persone tra 18 e 34 anni odia le conversazioni telefoniche e va in ansia al solo pensiero di rispondere e parlare dentro a un ricevitore. Più della metà dei ragazzi pensa che una chiamata inattesa sia portatrice di cattive notizie. Evidentemente memori di Mina che cantava se telefonando io volessi dirti addio ti chiamerei. In risposta oggi le arriverebbe una faccina che piange.
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