Pantaloncini e scarpe classiche

Nei tempi andati, nostro vicino di casa era il signor Giovanni, era un venditore ambulante che a bordo del suo furgoncino aveva un supermercato in miniatura. Apriva il portellone ed eccolo dietro al bancone lussureggiante di formaggi e salumi, alle sue spalle pasta, prodotti in scatola, detersivi e molto altro ancora.
Potevo stare per ore ad ammirare quel furgoncino. Per non dire del profumo. Il signor Giovanni, ovviamente, serviva i clienti in camice bianco. Quando arrivava il caldo però il suo abbigliamento creava scandalo tra i compassati residenti della via: d’estate, quand’era a casa, indossava infatti pantaloncini corti.
Era un uomo nato attorno al Venti, nessun suo coetaneo aveva mai osato tanto. Mio nonno, per esempio, variava solo il peso dei pantaloni in fresco lana, quando le temperature si facevano roventi si concedeva solo la canottiera a costine al posto della camicia. Il signor Giovanni, che non aveva ovviamente scarpe da ginnastica, abbinava quei bermuda (dalla gamba larghissima) con mocassini e calzini a mezzo polpaccio marroncino tenue. Uno stile d’altri tempi. Oggi capita di trovare ultrasessantenni provati da una vita di eccessi culinari con troppo morbidi pantaloncini sportivi (concessi in luoghi pubblici solo ai quindicenni) abbinati (se così si può dire) a improponibili sneaker giovanilistiche troppo colorate.
Per tacere dei calzettoni in cotone e delle magliette. Avendo io ricevuto in dotazione delle gambette da ranocchietta gracile mi approccio sempre con pudore ai bermudini, se proprio devo li indosso solo di cotone, preferibilmente stirati con la riga. Un argine al logorio estetico della vita moderna.
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