L’orto, meraviglioso luogo di pace

Già quand’ero ragazzino, sul finire delle elementari/inizio medie, la mia attività preferita nel tempo libero era tagliare l’erba. I miei amici si trovavano il pomeriggio a giocare a calcio, io finiti i compiti toglievo i fiori secchi nel roseto che costeggiava il viale di casa. Occuparmi delle ortensie mi rasserenava come nulla al mondo. Terminate le attività mi appisolavo sull’amaca legata tra la piante di amarene e quella di albicocche. Che meraviglia. Non saprei direi se ero così felice perché ero molto giovane, e quindi il ricordo è ammantato da nostalgia, ma non importa: non roviniamo questa memoria rasserenante.
Da dieci anni quella condizione di letizia la ritrovo nell’orto. Il giardinaggio resta una mia grande passione, ma la riprenderò pienamente da pensionato. Ora ci sono pomodori e amici di cui occuparmi.
Sentite cosa dice Paolo Pejrone, maestro paesaggista (ha curato, tra gli altri, i giardini di Marella Agnelli): «Con l’orto fu un amore immediato. A scuola ero spaesato, i miei compagni parlavano di football. Io pensavo alle cipolle». E ancora: «L’orto è un luogo di pace. È fatto della storia, dell’etica e della socialità di chi sta con la schiena piegata a togliere erbe infestanti per difendere le sue pianticine che innaffia la sera oppure la mattina, prestissimo. Che gode delle cose che fa crescere e le condivide. L’ortolano condivide: ho tante zucchine. Ne vuoi un po’? Non è rapace. È una formica in un mondo di cicale». Concordo su tutto, anche sulla condivisione. Ma nell’anima resto una cicala.
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