La coda della lucertola

In passato c’erano molte più lucertole di oggi. Quand’ero piccolo la loro presenza nel nostro giardino era particolarmente numerosa. È ovviamente una dichiarazione senza nessun fondamento scientifico, basata soltanto su una mia considerazione personale, sul mio sentiment, senza la o. Il mio ricordo potrebbe anche essere falsato dalla constatazione che da giovane avevo molto più tempo da dedicare all’osservazione delle lucertole rispetto a oggi. Ma è, tutto sommato, una diatriba, irrilevante.
Un recente articolo, su uno di quei siti che spiegano a loro dire molto bene cose di cui non sanno praticamente nulla, ha puntato per l’ennesima volta il dito dello scontro generazionale contro i boomer (definizione oscena che qualifica persone di mezza/avanzata età e dequalifica chi la pronuncia), accusandoli (tra le altre nefandezze) di essere cresciuti strappando la coda alle lucertole. Urge una precisazione.
Nei decenni che furono, quando non tutto era in bianco e nero, le maestre raccontavano che in caso di pericolo, per divincolarsi dalla presa di un predatore, le lucertole potevano privarsi della coda e fuggire; sapevano infatti che quell’appendice sarebbe ricresciuta. Le predette insegnanti stimolavano la fantasia sottolineando che dopo il distacco la codina continuava a muoversi in autonomia. Non rimaneva quindi che fare una verifica sul campo. Impossibile verificare soltanto la ricrescita, le lucertole erano infatti poco disposte a restare sotto osservazione. Dico questo più per un senso di appartenenza anagrafica che per altro. Personalmente se mi fossi avvicinato a meno di mezzo metro da una lucertola sarei svenuto.
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