Con la pedalata assistita

Le stagioni della vita in bicicletta: dal triciclo alle rotelle, dal Ciao (gentilmente rifiutato) alla pedalata assistita
Una bicicletta - Foto/Pexels
Una bicicletta - Foto/Pexels
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Al termine dell’esame per la patente il paziente istruttore mi disse: prima di metterti in strada da solo, io farei ancora una trentina di guide. Una quantità abnorme che sottolineava il livello di incredibilità della mia promozione. Lo disse tra il sarcastico e l’indignato, non ci rimasi male: sono sempre stato un uomo di mondo. Ma soprattutto sono sempre stato consapevole dei miei limiti nell’approcciarmi ai mezzi di trasporto.

La bicicletta senza rotelle fu il primo trauma. La via davanti casa, sul finire degli anni Settanta, non era ancora asfaltata. Quando i miei spietati genitori decisero che era il tempo di viaggiare su due ruote, rinunciando alle due confortevoli e rassicuranti laterali, dovetti affrontare quel terreno irregolare e sassolinoso senza nemmeno un caschetto, erano tempi bui: trattenni a fatica le lacrime per le continue (e ancora continue) cadute. Fu una prova dura, ma la superai.

A quattordici anni rifiutai il Ciao in regalo dai predetti genitori: figuriamoci se passavo al motorino proprio quando avevo preso dimestichezza con la bici.

Con il tempo mi sono mantenuto un pacato cicloamatore, pedalo tra le vie del paese più bello del mondo (che non nomino per modestia) con escursioni financo verso i Comuni confinanti.

Al traguardo del mezzo secolo, come una pianta di pomodori che ingiallisce verso l’autunno (dopo aver regalato grandi soddisfazioni) ho deciso che è il tempo della bicicletta elettrica, quella con la meravigliosa pedalata assistita. La pedalata assistita mi regala serenità, è la coccola che merito. Ancor di più dopo aver saputo che quella classica è detta bicicletta muscolare. E io, muscoli mai avuti.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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