Alla ricerca del tempo «rubato»

Attualmente in città una persona lavora in media dalle 40 alle 45 ore a settimana. Se poi consideriamo la vita in quei paesi considerati in via di sviluppo, le ore lavorative sono di gran lunga di più.
Circa 15.000 anni fa, per quanto ne sappiamo, il lavoro dei cacciatori-raccoglitori consisteva essenzialmente nel cercare di procurarsi del cibo. La caccia poteva arrivare ad occupare al massimo 5-6 ore, per altro nemmeno tutti i giorni.
La loro vita non era agiata come quella che alcuni di noi possono avere oggi, ma questa nostra comodità, è evidentemente pagata a caro prezzo. Cerchiamo di ritagliarci del tempo libero in una perenne frenesia che ci vede impegnati in una continua rincorsa alla produttività.
Un cacciatore-raccoglitore nel primo pomeriggio era già nell’accampamento e questo gli permetteva di interagire con i suoi simili, con la sua famiglia. Aveva molto più tempo per chiacchierare, raccontare e ascoltare storie, giocare con i bambini e perché no, anche per oziare.
Il tutto a stretto contatto con la natura. Oggi non conosciamo nemmeno gli altri inquilini dell'edificio in cui viviamo. Siamo stressati e spesso ostaggi della nostra auto per ore, imbottigliati nel traffico.
È vero: rischiavano ogni giorno la vita perché dovevano stare attenti a predatori e molti altri pericoli, ma non è altrettanto vero che metaforicamente anche noi rischiamo sulle strade che ci portano al posto di lavoro?
Diversamente da quanto si possa pensare, dagli scheletri rinvenuti dai ricercatori sappiamo che i cacciatori-raccoglitori erano meno esposti al rischio di soffrire di fame o di malnutrizione. Sembra che addirittura fossero più sani di chi arriverà dopo nella storia, durante l'epoca della rivoluzione agricola. La vita media era più bassa di quella odierna, ma solo perché c'era un alto tasso di mortalità infantile. Una volta superato questo scoglio (non da poco), potevano raggiungera anche i 60 anni e persino oltre.
E poi chi ha mai detto che una vita lunga sia sinonimo di una vita migliore? Forse, l'esistenza di un cacciatore-raccoglitore consentiva una vita più interessante di quella che la nostra società industriale ci offre oggi all'interno di città densamente popolate e inquinate.
La riflessione infatti non riguarda se "si stava meglio quando si stava peggio", ma sull'illusione di aver avuto un miglioramento delle nostre condizioni di vita, quando ormai presi dalla fretta stiamo dimenticando qual è la nostra direzione. Decenni di misurazione della performance hanno creato una cultura del lavoro tossica come sono tossici molti altri pezzi della nostra società.
Abbiamo il dovere di ricordarci perché siamo qui, di riprenderci il senso delle cose. Abbiamo dimenticato che bisognerebbe lavorare «a» qualcosa, e non soltanto «per» qualcuno.
Ecco, forse è proprio questa è secondo me la vittoria più grande del capitalismo. È riuscito ad anestetizzare le masse col consumismo, in cambio ha rubato la dimensione che più ci caratterizzava: il tempo.
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