Non dirmi chi sei stato ma chi sei oggi

Da bambino Leo Amici veniva chiamato perché in sua presenza i trattori guasti ripartivano. Divenuto adulto era lui a viaggiare nel mondo per curare corpo, mente e cuore di chi incontrava e, a chi voleva ripagarlo dei favori ottenuti, rispondeva: «Tu sai a chi darlo. Quando sei guarito, sei felice e ami il tuo prossimo, tu mi hai ripagato».
Il sogno di Leo era costruire un piccolo paese abitato da pace, amore e fratellanza che devolvesse tutti gli utili in opere di solidarietà, sogno che realizzò al lago di Monte Colombo in quel di Rimini (vedi articolo «C’è un piccolo paese dove l’amore non lo spieghi, lo vivi») grazie all’aiuto di centinaia di volontari che, mattone dopo mattone, fabbricarono il borgo. E se stessi. Fra loro c’era un ragazzo: Carlo Tedeschi. Era il 1978 quando Carlo, abbracciando Leo, sentì nel petto uno scoppio di fuoco che generò in lui tre parole: «Allora Dio esiste». Aveva 27 anni, Carlo, e da quel momento la sua vita di autore, regista, pittore e scrittore fiorì interamente dedicata a portare a compimento il progetto di Leo Amici che, oltre al borgo, prevedeva la creazione di grandi spettacoli per riverberare fra la gente afflati di paradiso.
Dopo averne sentito parlare sono andata a visitarlo, Monte Colombo, assistendo altresì al musical «Sicuramente Amici» (definito da Fellini «Meraviglioso») che da 40 anni mette in scena, emozionando, l’amicizia come forza che unisce le generazioni e costruisce il futuro. Al debutto di Firenze del 1986 Leo Amici non c’era. Morì pochi giorni dopo. Quest’anima scesa per dare una mano aveva 63 anni. La sua missione era conclusa. Il timone di Monte Colombo e della Compagnia Teatrale passava al giovane Carlo Tedeschi che, oltre a occuparsi del paese e degli spettacoli, avrebbe aperto nel tempo altri luoghi di pace, varie accademie di formazione artistica e trasmesso a migliaia di ragazzi quei sani principi di condivisione, solidarietà e rispetto della dignità umana, del Creato, dell’Uomo e di Dio necessari per diventare protagonisti sani della propria storia. Non è mai stato solo, Carlo.
Oltre ai tanti volontari, al lago la presenza di Leo Amici è tangibile: nei sorrisi, nella cura del verde e degli ambienti, nel cibo salutare, nell’arte che, ovunque cada lo sguardo, provoca e cheta. Quest’anno Monte Colombo è stato l’emblema del mio Natale perché lì ho percepito l’Amore che dall’alto dei cieli si è fatto carne e poi mattone, musica, danza, acqua per donare all’umanità quella pienezza alla quale tutti aneliamo dal momento che la nostra vita, diciamocelo, se non incontriamo l’Amore, per quanto riusciamo a riempirla di piacevolezze, resta vuota. E noi con lei. Leo diceva: «Non dirmi chi sei stato ma chi sei».
Cosa gli rispondiamo? Gente che si maschera dietro addobbi privi di presepe e un «va tutto bene», che in realtà è un «non va affatto bene», o individui (da individuus, indivisibile) che prendono in braccio se stessi per rinascere grazie al Verbo fattosi carne in una mangiatoia e nel proprio cuore? In questi giorni abbuffiamoci pure ma di quell’Amore che sazia e avvolge con il suo abbraccio di fuoco, fuoco che brucia il vecchio che siamo stati, fuoco che rischiara la nascita di chi siamo oggi.
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