Momenti profumati di parole e caffè

Anche in quel mattino graffiante di freddo l’uomo se ne stava lì, immobile, seduto per terra all’ingresso della chiesa di Santa Maria Crocifissa Di Rosa. Non chiedeva nulla. Ai suoi piedi un piattino di plastica rosicchiato dal tempo conteneva qualche moneta da 100 Lire.
Alta, capelli candidi racchiusi in un crocchio elegante, lungo loden tirolese, l’affascinante signora in quella chiesa ci andava ogni mattina alla prima messa e la presenza del clochard dalla barba lunga, gli occhi miti e l’età indefinibile, suscitava in lei mille interrogativi.
«Bisogna io faccia qualcosa per lui - mi disse una sera con lo sguardo acceso da uno dei suoi pericolosi entusiasmi -. E se gli procurassi un roulotte?». Io: «Al limite un camper che non ha bisogno della macchina». Lo sguardo di lei si infiammò: «Hai ragione, meglio un camper!». «Un attimo - riflettei - sei sicura abbia la patente?». «Non so, glielo devo chiedere».
All’indomani l’uomo, ignaro dell’intento che si nascondeva fra le pieghe della domanda, rispose di averla sì, la patente, rendendosi anche disponibile, qualora la signora ne avesse avuto bisogno, a farle da autista. Raggiante mi venne a cercare: «Ha la patente, troviamo un camper». «Aspetta - dissi ragionando ad alta voce -. Vivere per strada è talvolta la scelta di chi ha detto «basta» a obblighi e doveri. Un camper implica costi, un luogo dove parcheggiarlo, è un ritorno a una vita dalla quale forse lui è fuggito. Secondo me gli va chiesto».
Tempo poche ore lei gli svelò il piano e l’uomo rispose che no, non faceva per lui perché avrebbe comportato condizionamenti che non voleva più avere. «Eppure qualcosa devo pur fare, fa così freddo» pensò la signora mentre, stringendosi il bavero del cappotto, in un guizzo dei suoi esclamò: «E se le portassi un piccolo fornellino da campeggio per scaldarsi qualcosa?». L’uomo annuì: «Quello va bene».
La donna si precipitò in ferramenta dove trovò il fornello a gas al quale aggiunse una piccola moka, un pacchetto del miglior caffè, lo zucchero in bustine, i cucchiaini e i bicchierini di plastica, mercanzia per la quale l’uomo, con un cenno del capo e un sorriso, espresse la sua gratitudine. Dal mattino seguente il mendicante, all’uscita della chiesa, preparava il caffè alla signora e lei, nonostante non fosse solita berlo, lo accettava di buon grado cogliendo l’occasione per fare un po’ di conversazione. Quanto avrei voluto essere un uccellino per ascoltarli in quel loro momento profumato di parole e caffè!
Poi, senza preavviso alcuno, così com’era arrivato l’uomo scomparve e la signora non lo rivide più. Ripenso con dolcezza ai due sul sagrato della chiesa, al caffè fumante, all’incrociarsi dei loro sguardi pregni di naturalezza e calore umano.
Per la donna, sempre attenta e sensibile alle necessità altrui, le esperienze come questa erano all’ordine del giorno perché lei era così, un cuore indomito spalancato sul mondo e oggi, nel raccontare questa storia, sento i nostri cuori battere all’unisono; è una carezza delicata e struggente insieme perché gli altri la chiamavano «signora» ma per me, lei, era solo «mamma».
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