Italia e Estero

Stop allo sci, è scontro tra ministri: «Stagione finita»

Garavaglia: «C'è stato un danno per una scelta del governo e i danni vanno indennizzati». Speranza: «Il diritto alla salute viene prima di tutto»
IMPIANTI FERMI TRA RABBIA E DELUSIONE
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Un addio definitivo allo sci amatoriale in questo inizio 2021, che manda oltre 10 miliardi in fumo per tutto l'indotto. Lo stop definitivo è confermato innanzitutto dal neoministro del Turismo, che parla di «stagione finita»: Massimo Garavaglia - sentiti gli operatori - ha spiegato che «pensare di mettersi in campo dopo il 5 marzo (data di scadenza della proroga dello stop) senza certezze oggettivamente non ha senso».

E il nuovo titolare del dicastero, incontrando enti e Regioni, ha anche aggiunto lapidario: «C'è stato un danno per una scelta del governo e i danni vanno indennizzati». Parlando senza mezzi termini di «mancato rispetto per i lavoratori della montagna» in relazione all'ordinanza di Roberto Speranza.

Che replica direttamente: «Mai fatto polemiche in questi mesi. E non ne faccio ora. Dico solo che la difesa del diritto alla salute viene prima di tutto».

Ma contro la decisione ministero della Sanità, che ha stoppato l'apertura dello sci amatoriale a poche ore dalla programmata riattivazione degli impianti, non si ferma neppure la rabbia dei territori. Con le piste battute e pronte ad accogliere gli appassionati, ma rimaste vuote per il provvedimento «last minute», le proteste sulla mancata partenza sono proseguite: c'è chi come il Piemonte, oltre a chiedere «ristori subito», valuta di costituirsi parte civile, al fianco dei gestori, per chiedere indennizzi proporzionati alla quantificazione dei danni.

«Non è più tollerabile. Apprenderlo poche ore prima, oltre al danno c'è la beffa. È inaccettabile», commenta invece il presidente dell'Emilia-Romagna e della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini. E ad accodarsi al suo sfogo non sono solo i governatori, ma anche sindaci ed operatori del settore.

  • A Craveggia impianti aperti nonostante il divieto
    A Craveggia impianti aperti nonostante il divieto
  • A Craveggia impianti aperti nonostante il divieto
    A Craveggia impianti aperti nonostante il divieto
  • A Craveggia impianti aperti nonostante il divieto
    A Craveggia impianti aperti nonostante il divieto
  • A Craveggia impianti aperti nonostante il divieto
    A Craveggia impianti aperti nonostante il divieto
  • A Craveggia impianti aperti nonostante il divieto
    A Craveggia impianti aperti nonostante il divieto

Tra questi ultimi, ci sono i gestori di alcune strutture che hanno manifestato il dissenso con una sorta di «disobbedienza civile»: alla Piana di Vigezzo, 1.720 metri nel Comune di Craveggia, in alta Ossola, si è deciso di non cambiare i piani. «Abbiamo predisposto tutto, in sicurezza, per riaprire. E così lo abbiamo fatto», spiega Luca Mantovani, uno dei titolari della società che gestisce gli impianti nella valle piemontese a ridosso del Canton Ticino. A Bardonecchia, in Alta Valle di Susa, la scelta è stata di tenere i negozi con le serrande abbassate, con il suono delle campane della chiesa parrocchiale ad accompagnare la protesta di maestri di sci, operatori del turismo, impiantisti e commercianti.

In generale, la chiusura degli impianti anche nell'ultima parte della stagione è destinata ad avere effetti sull'intera economia che ruota intorno al turismo invernale che, secondo la Coldiretti, ha un valore stimato prima dell'emergenza Covid tra i 10 e i 12 miliardi di euro all'anno tra diretto, indotto e filiera. Dall'alloggio alla ristorazione, dagli agriturismi ai rifugi fino alle malghe con la produzione dei pregiati formaggi, il calo di fatturato arriva fino al 90%.

Il tumulto della montagna ha scatenato anche polemiche all'interno della nuova maggioranza di Governo, che sono andate oltre le dichiarazioni dello stesso Garavaglia. Il leader della Lega, Matteo Salvini, pur sottolineando che i ministri hanno la fiducia del Carroccio, chiede di «cambiare qualche tecnico. La comunità scientifica è piena di persone in gamba». L'attacco è anche alla linea del consulente del ministro della Salute, Walter Ricciardi, che è stato tra i primi a chiedere misure più rigide per far fronte al dilagare delle mutazioni del Covid.

E il direttore di Funivie svizzere respinge le accuse dello stesso Ricciardi, secondo le quali la Confederazione elvetica - che ha mantenuto aperti gli impianti da sci - è stata la porta di ingresso per la variante britannica del virus in Europa. «Non ci sono evidenze di una responsabilità elvetica nella diffusione di questa variante», ha spiegato.

Il presidente del Friuli, Massimiliano Fedriga, si è scagliato contro il Comitato Tecnico Scientifico, che domenica nel fornire il suo parere a Speranza - e «rimandando al decisore politico la valutazione relativa all'adozione di eventuali misure più rigorose» - aveva spiegato che alla luce delle «mutate condizioni epidemiologiche», «allo stato attuale non appaiono sussistenti le condizioni» per la riapertura. Per il governatore friulano, «se è pur vero che il nuovo Governo si è appena insediato, è altrettanto vero che il Cts c'è dai mesi precedenti. Nella scorsa settimana si era deciso di prorogare il divieto di spostamento tra regioni fino al 5 marzo: mi domando perché in quell'occasione non è stato fatto presente dal Cts di chiudere gli impianti sciistici se ne ravvisava la necessità».

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