Italia e Estero

Sette cose che ho imparato da una foto virale su Facebook

Cioè, il selfie di una donna con Salvini ai funerali delle vittime di Genova, al centro di un dibattito socialpopolare
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Nel primo pomeriggio di sabato, facendo scorrere le fotografie Ansa dei funerali di stato per le vittime di Genova, ho visto lo scatto di Simone Arveda in cui una donna si faceva un selfie con il vicepremier, ministro dell’Interno nonché leader della Lega Matteo Salvini. L’ho postato su Facebook (e Twitter) con una semplice didascalia: Funerale / Selfie. Sono appassionato di fotografie di persone che si scattano selfie, mi sembrano tutte paradossali, e ho subito pensato che questa fosse la più assurda di tutte. Mi ha ricordato la foto di gruppo che alcune mie compagne di classe si fecero in un campo di concentramento, durante una gita scolastica a Mauthausen: come fa a venirti in mente?

 

 

Nel giro di pochi minuti, il post ha iniziato a ricevere numerosi like e condivisioni. Il movimento, per così dire, è iniziato nella mia bolla social, con una serie di commenti di condanna e di disprezzo rivolti a Salvini. Non mi piacciono gli insulti, soprattutto quando a scriverli sono persone che conosco, quindi mi sono ritrovato a cancellarne un po’. Primo insegnamento: quando una cosa diventa virale, prima di tutto parte dalla tua cerchia ristretta e non è detto che ciò che vedrai ti piacerà.

Naturalmente c’è chi ha cercato di piegare la faccenda in una sorta propaganda pro Pd, come l’assessore ai Servizi sociali del Comune di Brescia Fabio Capra. Molto attivo sui social, non si è perso l’occasione per attaccare il leader leghista. A parte l’assurdità del selfie, devo dire che l’atteggiamento dei politici in seguito a queste tragedie mi pare sempre sostanzialmente uguale: una grande passerella. Solo che stavolta i membri del governo non vengono fischiati, anzi. Poco dopo c’è stato l’intervento dell’ex assessore al Bilancio del Comune e consigliere di A2A, Fausto Di Mezza, che ha attaccato Capra ricordandogli l’ipertrofia social di Renzi (non ha usato proprio questi termini), definendolo «il vostro capo», e aggiungendo una cosa a mio parere significativa: «Ora governo e popolo sono la stessa cosa». Secondo insegnamento: c’è sempre un noi e un voi da contrapporre e in questa fase politica e sociale sembra che il noi si stia allargando sempre più, diventando più chiassoso.

Mentre il post continuava a essere condiviso, ho iniziato a ricevere numerose richieste di amicizia. Ho cercato di verificare i profili, notando come molti di questi fossero di persone chiaramente schierate all’opposizione rispetto al governo gialloverde. Terzo insegnamento: se la tua bolla si allarga, lo farà in una direzione omologante. Alle ultime elezioni non ho votato Pd, non ho messo la famosa maglietta rossa e al comizio bresciano di Salvini sono stato zitto ad ascoltare, senza sbraitargli contro come vedo fare sui social: per Facebook, in ogni caso, posso rientrare tranquillamente nella categoria dei buonisti radical chic. Ma mi piacerebbe, online, avere un confronto con chi proprio la vede diversamente da me.

Ecco, il confronto. Nel corso delle ore, i commenti sotto al mio post hanno preso una piega totalmente inaspettata: invece di difendere Salvini, i suoi sostenitori hanno iniziato a dire che la fotografia fosse falsa. «Un photoshop», scrivevano. E in parecchi, anche. Tanto che a un certo punto il sito Bufale.net ha pubblicato un pezzo di debunking in cui spiegava che la foto era vera. Non in seguito al mio post, ma per via delle decine di richieste arrivate in redazione quando la foto era diventata virale uscendo dal mio ristretto perimetro. Per dirne una: il rapper Frankie Hi-nrg a un certo punto l’ha ripresa sul suo profilo in un post più indignato rispetto al mio. «I selfie, ai funerali di Stato. I selfie», ha scritto, ricevendo undicimila condivisioni. Il tema era diventato nazionale, con articoli su siti come Ansa, Repubblica e Corriere e prese di posizione del Pd (non impareranno mai, è inutile) contro Salvini. Ma il punto, per molti, era ancora la veridicità o meno della foto. «Salvini aveva un altro vestito», diceva qualcuno, non accontentandosi di chi pubblicava il video integrale dei funerali con il momento del selfie. Quarto insegnamento: la realtà non esiste, conta solo il modo in cui la vogliamo piegare alla nostra ideologia personale. 

 

 

Quindi, abbandonata ogni velleità di dialogo, ho trovato conforto in chi si è messo a rispondere a chi contestava la foto, aiutandomi in un lavoro che non avrei avuto la forza di fare. Quinto insegnamento: a volte anche nel caos dei social trovi qualcuno di assennato.

A un certo punto sono stato tentato di cancellare il post. In fondo il vero tema della giornata era il lutto nazionale per Genova e il selfie era solo un dettaglio, utilizzato peraltro in maniera sempre più strumentale. Poi però mi sono detto: a me quell’immagine sembra incredibile e lo sembrerà sempre. Quindi l’ho lasciata, anche quando ho letto che Salvini si è messo a polemizzare con Frankie Hi-nrg: «Sono orgoglioso di tutti gli abbracci che ho ricevuto anche oggi a Genova e a questi poveretti non rispondo neanche». Sesto insegnamento: Salvini come comunicatore vince sempre, almeno adesso. Anche grazie a uno staff che lavora senza sosta, di cui fa parte un social megafono come Luca Morisi Siamo in campagna perenne», è il suo mantra). Spostando il discorso dalla foto all’affetto dato e ricevuto, non può che ottenere ancora più consenso. Che è un po’ ciò che penso in generale ogni volta che vedo goffi tentativi di attaccarlo sui social: ogni vortice di indignazione creato da chi si oppone a lui non fa altro che aumentarne la potenza.

 

 

Oggi, a quasi ventiquattro ore di distanza dal post, i commenti e le condivisioni proseguono, anche se a velocità rallentata. Mi sembra che il livello della discussione si sia abbassato, diventando più rancoroso, e continuano le teorie del complotto sulla foto ritoccata. Il selfie viaggia ancora sui social, anche per via dei nuovi articoli pubblicati da Fatto Quotidiano e Secolo XIX, ma l’attenzione si è spostata su altro, come il bolide che ha attraversato il cielo italiano con una bella scia luminosa. Ci sarà, probabilmente, un nuovo tema di indignazione e controindignazione, nelle prossime ore e nei prossimi giorni. Ad esempio, tornando al contesto bresciano, si parla molto di un video che circola sui telefonini via WhatsApp. Ritrae le scene immediatamente successive a un incidente mortale, con le vittime e una donna disperata che le piange. In questo caso, però, il tema è meno polarizzante: non c’è un cattivo contro cui scagliarsi, un noi e un voi. Ma un noi e basta, con tutti i nostri limiti meschini. Ho il sospetto che non diventerà così caldo, sui social, come argomento di dibattito. E qui arriviamo al settimo insegnamento: che si tratti di Facebook o WhatsApp, vince comunque Mark Zuckerberg. Al cui cospetto ci agitiamo, spesso inutilmente, ma con suo grande profitto.  

 

 

 

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