Italia e Estero

Riapertura degli impianti da sci, il Cts dice no

A meno di 24 ore dalla ripresa dell'attività, emerge il parere negativo degli esperti. Al Governo spetterà decidere
Impianti da sci chiusi a causa della pandemia da coronavirus - © www.giornaledibrescia.it
Impianti da sci chiusi a causa della pandemia da coronavirus - © www.giornaledibrescia.it
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A meno di 24 ore dalla attesa e agognata riapertura degli impianti sciistici, arriva una nuova doccia gelata per i gestori degli impianti e per quanti speravano di poter presto scendere da qualche pista innevata. Due le voci che si levano auspicando un'immediata inversione di marcia con proroga a oltranza della chiusura delle strutture.

Alla luce delle «mutate condizioni epidemiologiche» dovute «alla diffusa circolazione delle varianti virali», «allo stato attuale non appaiono sussistenti le condizioni per ulteriori rilasci delle misure contenitive attuali, incluse quelle previste per il settore sciistico amatoriale». Sono queste le parole che hanno raggelato i gestori, dal momento che costituiscono la risposta del Comitato tecnico scientifico alla richiesta del ministro della Salute Roberto Speranza di «rivalutare la sussistenza dei presupposti per la riapertura» dello sci, «rimandando al decisore politico la valutazione relativa all'adozione di eventuali misure più rigorose».

Non solo. Si aggiunge poi un'altra indicazione stringente da parte dello staff scientifico che affianca proprio il ministro Speranza: «In questo momento le attività che comportino assembramenti non sono compatibili con il contrasto alla pandemia da Covid-19 in Italia ed gli impianti da sci rientrano in tali attività. Non andrebbero riaperti». Lo afferma Walter Ricciardi, consigliere del ministro.

«Non dimentichiamo - ha sottolineato Ricciardi - che la variante inglese è giunta in Europa proprio "passando" dagli impianti di risalita in Svizzera».

«Tutte le varianti del virus SarsCov2 sono temibili e ci preoccupano ma, in particolare, quella inglese risulterebbe essere anche lievemente più letale e sta facendo oltre mille morti al giorno in Gran Bretagna». prosegue Ricciardi. A fronte di questa situazione di «pericolo - ha aggiunto - alcuni Paesi hanno già optato per la chiusura drastica. L'Italia è in ritardo, penso avremmo dovuto prendere misure di chiusura già 2 o 3 settimane fa».

Subito si sono levati voci di protesta dal fronte degli operatori che si sentono trattati «come burattini». Sul fronte politico, in particolare, dalla Regione Lombardia, va registrato l'intervento di Massimo Sertori, assessore alla Montagna. «Ricordo - ha spiegato Sertori - che solo una settimana fa il Cts aveva approvato le linee guida proposte dalle Regioni per l'apertura in sicurezza. Rammento pure che tale documento contiene già forti limitazioni. E i gestori degli impianti si sono organizzati di conseguenza per l'apertura a partire dal 15 febbraio, così come previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm)». «Fare un provvedimento - ha aggiunto Sertori - che blocca tutto a un giorno dall'apertura significherebbe creare un danno davvero ingente alle società di gestione delle attività che intanto hanno assunto personale e organizzato l'apertura. Ma il fatto metterebbe perfino in discussione la credibilità di uno Stato che ieri ha detto una cosa e che oggi afferma il suo contrario». «Per questo - ha concluso l'assessore alla Montagna - spero vivamente che alla fine prevalga il buonsenso e la politica intervenga esercitando la propria funzione».

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